Comodamente seduta per la cena, dopo una giornata di stress continuo, squilla il telefono. “Buona sera, sono Michela (o Francesco, o Pinco Pallino) di Telecom (o di Tele2 o di un altro Pinco Pallino)…”
La prima reazione è di rifiuto. Maddai, sempre a quest’ora. “Grazie, non mi interessa”, rispondi nella migliore dell’ipotesi.
Poi vedi un servizio delle Iene su Italia Uno e di Michela e di Francesco impari qualcosa di più… A Misterbianco, provincia di Catania, centinaia di giovani sottopagati (e ancor peggio contrattualizzati), sono le voci dei call center di mezza Italia. A 40 centesimi lordi – udite udite – per ogni chiamata effettuata. “Ma solo se la telefonata supera i 3 minuti e 20 secondi”, specifica uno di loro, con la laurea in giurisprudenza a prender polvere “perché tanto gli avvocati devono fare anni di praticantato gratis e almeno qui qualche centinaia di euro, alla fine del mese, riesci a metterlo insieme.”
Quel servizio (di Alessandro Sortino e Francesca Biagiotti, “L’INFERNO DEI CALL CENTER”) è stato premiato nell’ambito del Premio Giornalistico Ilaria Alpi che si sta svolgendo a Riccione in questo giorni, per la sezione Il Lavoro che non si vede.
Con la seguente motivazione. Uno sguardo nuovo sull’inferno dei call center. Il luogo di lavoro che rappresenta l’essenza dell’occupazione moderna, flessibile e precaria. Ironico nel registro, il servizio, racconta bene le incongruenze del settore e lo stato di difficoltà nel quale vivono i lavoratori del settore.
Emblematica la storia di una delle giovani donne intervistate, che ha dichiarato di aver dovuto nascondere per ben quattro mesi la sua gravidanza… Quando la società gestrice del Call center ha visto in Tv l’intervista, ha ben pensato di licenziare questa coraggiosa futura mamma…
Per la cronaca: gli autori del servizio hanno devoluto a lei la cifra ricevuta per il premio. Non risolverà tutti i suoi problemi, certo, ma il gesto merita un applauso. Conosco anch’io ragazze che hanno nascosto agli stessi colleghi la maternità, un momento della vita che dovrebbe essere fra i più gioiosi, da gridare al mondo… Conosco anch’io persone che mi lavorano accanto e non sanno se fra due mesi saranno ancora lì o dall’altra parte, ad allungare la lista dei disoccupati.
I miei amici musicisti del gruppo Foto mosse da tante storie di “non lavoro” hanno ricavato anche un CD, divenuto una sorta di colonna sonora, lo scorso autunno, delle manifestazioni nazionali che Nidil-Cgil ha dedicato al precariato (vedi nella sezione Articoli di www.cristella.it, quello intitolato “La colonna sonora dei lavoratori precari”).
Sono coinvolti tutti, maschi e femmine, giovani e meno giovani, semplici operai e laureati con tanto di specializzazione. Le donne, comunque, in questa incertezza del domani legata al lavoro precario (o flessibile, a chiamata, non rinnovabile, chiamatelo come volete…) tornano ad essere i soggetti più ricattabili.
E pensare che avevamo conquistato i più elementari diritti, noi “lavoratrici fortunate” delle generazioni più anziane, combattendo a suon di scioperi e di battaglie…
Per le nostre figlie, quale domani?
Cristina,
abbiamo trattato questo argomento il 18 maggio nel Consiglio della Provincia di Rimini e sul lavoro alle donne abbiamo firmato un protocollo d’intesa. Ti manderò il documento e, se lo metterai sul sito sarà una collaborazione in più, un modo per diffondere le informazioni. Nell’occasione ero anche intervenuta: niente di eclatante!
solo alcune parole per descrivere almeno in parte come percepisco il problema. te lo invio, A me interessa che le donne e le ragazze lavorino e non siano sfruttate, sia per questioni di principio, sia perchè (come ben sai) sono mamma di tre ragazze e nonna di Giulia.
un saluto affettuoso
a presto
leonina grossi
consigliera delegata alle politiche di genere
e pari opportunità della provincia di rimini