Confesso di essermi commossa, ieri mattina, al termine della proiezione del documentario di Adolfo Conti sulla Domus del Chirurgo di piazza Ferrari. Anche per il solo fatto che la Sala del Giudizio, al Museo della Città, era stracolma. Le sedie non sono bastate, tanti erano in piedi. Gente di ogni età. Gente curiosa di arte e di storia, come me, che ha scelto di essere lì, in una domenica mattina assolata che avrebbe piuttosto invitato ad una scampagnata fuori porta o all’ozio in spiaggia…
“Fare cultura – è stato detto in apertura – vuol dire promuovere la conoscenza del significato delle cose.”
Tutto qui. Semplice, vero? (Mi viene da pensare che bisogna fare una bella ammissione di ignoranza, per poter dire di essere assetati di cultura…).
Quindi, partendo dalla serena constatazione della mia ignoranza su tanti argomenti, sottolineo che anche il film-documentario ha saputo emozionarmi. Con un ritmo sostenuto, fra fiction e documentario puro, il regista ha saputo ricostruire realisticamente la vicenda del medico-filosofo di cui, in seguito ai lavori per la sistemazione dei giardini di piazza Ferrari, nel 1989 è stata casualmente scoperta la dimora risalente al 3° secolo d.C.
“Arte breve”, questo il titolo del film. Ad indicare che “fra la vita e la morte, fra le due onde dell’essere, c’è un insignificante granello di sabbia: il medico.”
Mi auguro che il film di Conti venga presto diffuso su qualche importante rete televisiva.
Oggi, nelle pagine della cronaca di Rimini del Resto del Carlino, è pubblicato un mio articolo sull’argomento (da domani si potrà leggere anche nel sito www.cristella.it, nella sezione Articoli).