Mi comunica Riccarda Casadei, figlia di Secondo Casadei, che domani 5 agosto alle ore 23,30, su Raiuno andrà in onda uno Speciale Tg1 dal titolo Il popolo del liscio. Un reportage sul mondo del ballo in Romagna, delle orchestre e di tutta la gente che ama questo genere.
Riccarda è una signora amabile, che ho conosciuto di persona quando al Museo della Città di Rimini venne celebrato con una mostra il 50° anniversario di Romagna mia, la canzone che fece conoscere suo padre come Il re del liscio. Ci siamo poi incontrate ancora. L’ultima volta a San Mauro Pascoli per la presentazione del libro di Franca Fabbri, di cui ho già scritto.
Oltre ad una sorta di sorellanza dovuta all’amore per dialetto e tradizione romagnola, che definirei “storica”, con Riccarda mi lega anche un dato “geografico”: la casa di Gatteo a Mare dove ho vissuto fino al matrimonio e dove tuttora abita la mia famiglia, è a pochi metri da quella per cui Romagna mia venne scritta.
C’è ancora: all’inizio di via Primo Maggio, nei pressi della stazione ferroviaria, la “Casetta mia” di Secondo Casadei, circondata da un parco-giardino, attira i curiosi perché all’ingresso sono riportati i primi versi della nota canzone.
“Casetta mia, casetta in fiore, tu sei la stella, tu sei l’amore…” Sì, il primo testo presentato dal babbone di Riccarda non era dedicato ad una regione, ma soltanto al piccolo rifugio vacanziero che la famiglia Casadei aveva a Gatteo a Mare, frazione consorella di Sant’Angelo, il paese d’origine di Secondo.
Il responsabile della casa discografica a cui Casadei si presentò, suggerì il nuovo titolo. Per ragioni di marketing, diremmo oggi. Niente di più azzeccato, visto che Romagna mia risulta essere fra le quattro canzoni più suonate nel mondo!
Trascrivo in proposito un’intervista al nipote Raoul tratta dal libro di Leandro Castellani “Lo Strauss di Romagna” (Ed. Camunia).
“Fu una canzone che scrisse interamente lui, melodia e parole, senza collaboratori. Doveva entrare in sala d’incisione per fare un disco. Ma invece dei dodici brani richiesti, ne aveva portato un altro, di scorta, che aveva lì da qualche anno e si chiamava Casetta mia; lo aveva dedicato alla sua casa di Gatteo a Mare. Un brano che teneva in panchina perché non ci credeva molto. Guarda i casi della vita! Quella volta va ad ammalarsi un elemento dell’orchestra che doveva sostenere l’assolo in un brano da incidere, e allora mio zio dovette tirar fuori Casetta mia. Il maestro Dino Olivieri – quello di Troverai – che aveva compiti direttivi alla casa discografica, gli disse: ‘Casadei, perché Casetta mia? Lei è un romagnolo purosangue, la chiami Romagna mia’. Mio zio rimase folgorato: cambiò lì per lì qualche parola, in sala d’incisione, e nacque il pezzo”.