Oggi, adesso, così. Lacrime da nascondere dietro un sorriso. Sapendo che poi, per forza, deve passare.
Mamme come me. Che amano e che condividono.
Che cuciono e rammendano dove qualcun altro maldestramente strappa. Con fili sottilissimi, invisibili, costruiti con infinita pazienza. Che tessono forti trame su orditi sempre più delicati e fragili.
Dedico questa poesia di Kahlil Gibran alle principesse Dora e Cinzia. E a Paolo, il Re consorte di Cristella, Regina di Sacrabionda.
I vostri figli non sono figli vostri.
E una donna che reggeva un bimbo al seno disse, Parlaci dei Figli.
E lui disse:
I vostri figli non sono figli vostri.
Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di sé stessa.
Essi vengono attraverso voi ma non da voi,
e sebbene siano con voi non vi appartengono.
Potete donare loro il vostro amore ma non i vostri pensieri.
Poiché hanno pensieri loro propri.
Potete dare rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime,
giacché le loro anime albergano nella casa di domani,
che voi non potete visitare neppure in sogno.
Potete tentare d’esser come loro, ma non di renderli
come voi siete.
Giacché la vita non indietreggia né s’attarda sul passato.
Voi siete gli archi dai quali i vostri figli,
viventi frecce, sono scoccati innanzi.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito,
e vi tende con la sua potenza affinché le sue frecce possano
andare veloci e lontano.
Sia gioioso il vostro tendervi nella mano dell’Arciere;
poiché se ama il dardo sfrecciante,
così ama l’arco che saldo rimane.
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