Siamo agli sgoccioli. A che santo ci votiamo?

E’ notizia di ieri.
Il presidente della Provincia di Rimini, Ferdinando Fabbri, lancia un appello ai cittadini affinché si risparmi acqua.
“Siamo agli sgoccioli”, titolano i giornali.
Non sono bastate le restrizioni e i divieti in vigore dall’estate scorsa (fontane chiuse, divieto di annaffiare orti e giardini e di lavare le auto in certi orari…). Non sono bastate le poche giornate di pioggia. La siccità degli ultimi mesi ha messo in ginocchio più di un settore, agricoltura in primis. Le falde sotterranee sono ai minimi storici, come gli invasi che alimentano gli acquedotti.
In poche parole: se nulla cambia, fra una quindicina di giorni Rimini si troverà coi rubinetti asciutti.
Mentre mi chiedo se sia meglio continuare a lavare i piatti a mano o investire mezzo stipendio per acquistare la lavastoviglie (una recente pubblicità invita tutte le famiglie a comprare questo elettrodomestico, descritto come oggetto di cui non si può fare più a meno…), bagno quei due sparuti gerani che ho sul balcone con l’acqua rimasta dal lavaggio dell’insalata, chiudo il rubinetto mentre uso lo spazzolino da denti, preferisco la doccia alla vasca da bagno…

Insomma, per quanto riguarda le piccole abitudini quotidiane, penso di avere la coscienza a posto.
Non so, però, cosa potrà succedere se davvero dai rubinetti non uscirà più una goccia.
Ma la curiosità social-storico-politica che volevo segnalare col post di oggi è che Fabbri, “The President”, ha anche chiesto al vescovo Lambiasi di informare la cittadinanza tramite le parrocchie.
“Forse questa potrà apparire a qualcuno un’iniziativa strana, insolita – ha detto – ma in un momento così critico e difficile per la nostra comunità ci sembra opportuno cercare di sensibilizzare tutti i riminesi. Il vescovo ha capito perfettamente la situazione e si è immediatamente mobilitato”.
Oltre che invitare i fedeli a seguire i consigli di risparmio idrico, monsignor Lambiasi ha deciso di esortarli a formulare un’intenzione di preghiera, nelle Messe di oggi e del prossimo futuro, che suona così: “Perché il Signore doni alla terra assetata il refrigerio della pioggia, perché l’umanità, sicura del suo pane, possa ricercare con fiducia i beni dello spirito”.

E domani, lunedì 22 ottobre, durante una funzione appositamente celebrata il vescovo rinnoverà un rito di “invocazione della pioggia” che a Rimini è storicamente radicato.

Non so quando è successo l’ultima volta, ammetto la mia ignoranza: ci vorrebbe una consulenza dell’amico blogger Antonio, esperto di cose riminesi.
Comunque, la celebrazione sarà all’interno del capolavoro di Leon Battista Alberti, il Tempio fatto costruire nel Cinquecento da Sigismondo Pandolfo Malatesta per celebrare sé stesso. Nella prima cappella a sinistra, appena dopo l’ingresso, si trova la “Beata Maria Vergine della Pietà”, nota ai riminesi come “Madonna dell’Acqua”, che più di una volta mi sono fermata ad ammirare e che per l’occasione verrà portata accanto all’altar maggiore, sotto lo sguardo del Crocifisso di Giotto.

Si tratta di una graziosa scultura dei primi del ‘400 di scuola tedesca che nei secoli passati veniva invocata dal popolo in tempi di siccità o di piogge troppo abbondanti.

Ricordo anche di aver letto di una rivolta popolare quando si vietò una processione che i fedeli volevano fare per le vie della città per invocare la pioggia. Per evitare uno scontro violento fra le diverse fazioni (i potenti e il popolino) si arrivò ad un compromesso: la Madonna della Pietà venne portata in processione in un percorso ben delimitato, nelle strade attorno al Tempio. Mi pare che, poi, la pioggia arrivò davvero.
Mentre segnalo questa curiosa “commistione” fra sacro e profano che si ripete nel 2007 e che comunque, pioggia o non pioggia, farà conoscere ai riminesi un pezzettino della loro storia (il che non guasta mai), più pragmaticamente e riallacciandomi ai precedenti post sulla cementificazione selvaggia di alcune zone mi viene spontanea una considerazione: “Ma se anche piovesse a dirotto per tre giorni di fila, dov’è rimasto del terreno libero da costruzioni dove l’acqua possa infiltrarsi ed andare giù, a rimboccare le falde sotterranee?”  
Vedo che ogni volta che fa un acquazzone le strade diventano torrenti e le cantine delle case si allagano.
Non è che, oltre alla Beata Vergine dell’Acqua, bisogna accendere un cero agli uomini che stanno contribuendo al dissesto del territorio?
Basta! Fermatevi!

4 pensieri su “Siamo agli sgoccioli. A che santo ci votiamo?

  1. tamara

    la cosa della pioggia mi sembra veramente tribale – tipo indiani d’america – se devo essere franca nn ci credo affatto che annaffi questi poveri “sparuti gerani” con l’acqua etc. (ma perché nn acquistarne altri se 6 così sensibile all’ambiente?) con l’acqua etc. etc. – sull’aggressione all’ambiente nn si può nn essere d’accordo ciao

    tamara

  2. mcm Autore articolo

    Benvenuta, Tamara!
    Sono d’accordo con te: le ‘danze della pioggia’ le troviamo un po’ ovunque. Come tanti altri riti, probabilmente hanno un’origine simile. A qualsiasi latitudine del pianeta o a qualsiasi divinità dell’universo si rivolgano.
    Cristella

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