Nella memoria musicale ed affettiva di Cristella (parliamo di oltre quarantacinque anni fa!) ci sono un paio di “dondoline”.
Avanti e indietro, in un’altalena ritmata che finiva con un “giù giù giù”… Un piccolo brivido di pericolo, mitigato dal senso di sicurezza dato dalle mani che la tengono salda e la trattengono dalla caduta. Qualcuno (il babbo, la mamma, i nonni?) la teneva in braccio guardandola negli occhi e sorridendo.
E cantava:
Caccia minaccia
il babbo è andato a caccia
alla caccia del bubù
butta laggiù laggiù
Oppure, in dialetto, la prima lingua imparata (fino all’età di cinque anni lingua madre di Cristella):
Bèl burdèl
fat a canèl
magna luvéin
chiga stupéin
Bel bambino
fatto a cannello,
mangia lupini,
caga stoppini.
Solo tanti anni dopo, ho scoperto la spiegazione di quest’ultima dondolina. Una piccola storia legata all’arte molto diffusa della tessitura casalinga: quando le donne filavano la canapa, per facilitare l’operazione il filo doveva venire inumidito di continuo. Si usava sputacchiarci sopra. Ma presto la salivazione doveva essere stimolata masticando qualcosa di piccolo. In mancanza di chewingum c’erano castagne secche (i cuciaròl), piccole mele o lupini. Respirando poi le fibre rilasciate dalla canapa, i bambini (“fatti come il cannello” su cui si avvolgeva il filo) e le donne stesse avrebbero defecato degli “stoppini”.
Un’altra dondolina, simile alla prima, è quella che la bisnonna Mina, riminese, cantava alle piccole principesse Dora e Cinzia:
Caccia minaccia
farém la pida in piazza
a la farém ben dura
passerà la mura
la mura e la porta
la chiave dell’orto
la chiave del giardino
butta giù a quel bambino!
Perché non cercate anche voi nella vostra memoria le dondoline legate al ricordo dei nonni? Se in dialetto (qualsiasi, anche siciliano o piemontese) ancora meglio!
Via libera, dunque, ai commenti nostalgici di blogger “ex bambini”.