Per i Santi, i guanti. Per i Morti, le fave.

Quest’anno coi proverbi proprio non ci siamo: domani, 31 ottobre, è la vigilia di Ognissanti e, secondo la saggezza popolare, si dovrebbe essere già alle porte dell’inverno. Infatti “per i Sént, i guènt” (per i Santi, i guanti) e “per i Sént l’invérni l’è ma chèsa su” (per i Santi l’inverno è a casa sua) stonano alquanto col clima attuale.
Qui a Rimini si sta ancora a braccia scoperte e l’aria è calda come in primavera avanzata (magari non lo dico troppo forte, per scaramanzia…).
Proverbi o non proverbi, comunque, una cosa è certa: abbiamo già risparmiato un “tot” nelle spese per il riscaldamento. Il che non è poco, vista l’aria di crisi che tira.
Un altro vecchio proverbio riferito alla giornata di Ognissanti è il seguente:

Inféna ai Sént
us porta a cà al smént
e dai Sént in zò
un s’in porta a cà piò.

Cioè: fino ai Santi si portano a casa le sementi e dai Santi in giù non se ne portano a casa più (perché secondo il calendario della campagna, frutto di chissà quali e quanti insegnamenti degli avi, si poteva seminare i campi o la settimana prima dei Santi o la settimana dopo).

Per quanto riguarda i cibi che per tradizione si preparano “per i Morti”, riporto la ricetta n. 622 dalla Bibbia dei cuochi: “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi. Non ci sono solo ingredienti e modalità di preparazione.
Leggere per credere. FAVE ALLA ROMANA O DEI MORTI
Queste pastine sogliono farsi per la commemorazione dei morti e tengono luogo della fava baggiana, ossia d’orto, che si usa in questa occasione cotta nell’acqua coll’osso di prosciutto. Tale usanza deve avere la sua radice nell’antichità più remota poiché la fava si offeriva alle Parche, a Plutone e a Proserpina ed era celebre per le cerimonie superstiziose nelle quali si usava. Gli antichi Egizi si astenevano dal mangiarne, non la seminavano, né la toccavano colle mani, e i loro sacerdoti non osavano fissar lo sguardo sopra questo legume stimandolo cosa immonda. Le fave, e soprattutto quelle nere, erano considerate come una funebre offerta, poiché credevasi che in esse si rinchiudessero le anime dei morti, e che fossero somiglianti alle porte dell’inferno.
Nelle feste Lemurali si sputavano fave nere e si percuoteva nel tempo stesso un vaso di rame per cacciar via dalle case le ombre degli antenati, i Lemuri e gli Dei dell’inferno.
Festo pretende che sui fiori di questo legume siavi un segno lugubre e l’uso di offrire le fave ai morti fu una delle ragioni, a quanto si dice, per cui Pitagora ordinò a’ suoi discepoli di astenersene; un’altra ragione era per proibir loro di immischiarsi in affari di governo, facendosi con le fave lo scrutinio nelle elezioni.
Varie sono le maniere di fare le fave dolci; v’indicherò le seguenti: le due prime ricette sono da famiglia, la terza è più fine.

PRIMA RICETTA
Farina, grammi 200.
Zucchero, grammi 100.
Mandorle dolci, grammi 100.
Burro, grammi 30.
Uova, n. l.
Odore di scorza di limone, oppure di cannella, o d’acqua di fior d’arancio.

SECONDA RICETTA
Mandorle dolci, grammi 200.
Farina, grammi 100.
Zucchero, grammi 100.
Burro, grammi 30.
Uova, n. l.
Odore, come sopra.

TERZA RICETTA
Mandorle dolci, grammi 200.
Zucchero a velo, grammi 200.
Chiare d’uovo, n. 2.
Odore di scorza di limone o d’altro.

Per le due prime sbucciate le mandorle e pestatele collo zucchero alla grossezza di mezzo chicco di riso. Mettetele in mezzo alla farina insieme cogli altri ingredienti e formatene una pasta alquanto morbida con quel tanto di rosolio o d’acquavite che occorre. Poi riducetela a piccole pastine, in forma di una grossa fava, che risulteranno in numero di 60 o 70 per ogni ricetta. Disponetele in una teglia di rame unta prima col lardo o col burro e spolverizzata di farina; doratele coll’uovo. Cuocetele al forno o al forno da campagna, osservando che, essendo piccole, cuociono presto. Per la terza seccate le mandorle al sole o al fuoco e pestatele fini nel mortaio con le chiare d’uovo versate a poco per volta. Aggiungete per ultimo lo zucchero e mescolando con una mano impastatele. Dopo versate la pasta sulla spianatoia sopra a un velo sottilissimo di farina per poggiarla a guisa di un bastone rotondo, che dividerete in 40 parti o più per dar loro la forma di fave che cuocerete come le antecedenti.

 

7 pensieri su “Per i Santi, i guanti. Per i Morti, le fave.

  1. anonima_mente

    ciao cristella
    un saluto al volo in questo pomeriggio di fine ottobre
    spero che dalle tue parti tutto sia ok
    non posso dire la stessa cosa per me
    ma si và sempre avanti
    sempre e comunque
    ci risentiamo…
    per intanto ti lascio un abbraccio
    mentina

  2. mcm Autore articolo

    Bel proverbio, Princy! Grazie anche per la tua “vita vissuta pericolosamente”. Un abbraccio.

  3. mcm Autore articolo

    Forza, Mentina! Dietro alle nuvole, il sole c’è sempre! Non dimenticarlo. Il senso della vita? Boh… Nel tuo post ti fai una domanda da mille milioni di miliardi…
    Forse il senso è godersi l’oggi. Anche queste righe di un’amica, pur se virtuale e lontana. Ciao!!!!

  4. mcm Autore articolo

    Carissimo Luca, qui ti dico solo “bentornato”! Il resto l’ho scritto nel commento al tuo bellissimo post (e invito i lettori a venirti a trovare, nella tua meravigliosa Liguria). L’indirizzo è linkato fra i blog amici, qui a destra: “Mi Arrangio”.

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