“Variante ghetti”: se ne sente parlare abbastanza spesso, da queste parti. Sempre, tanto per cambiare, con riferimento a nuove case da costruire.
Ma lasciando da parte per un attimo piani regolatori, delibere e mattoni (sfido gli amministratori riminesi a fare altrettanto, immaginando che la materia affolli persino i loro sonni notturni), sono andata a cercare sull’insostituibile Dizionario Romagnolo Ragionato di Gianni Quondamatteo il significato della parola “ghét”.
… e ho trovato un bellissimo trattatino storico-sociologico-geografico sul territorio riminese.
“Ghèt: aggregato di casupole, alla periferia, spesso sinonimo di miseria, abbandono.
I ghetti erano numerosi a Rimini fin dall’antichità; e sono chiamati ghetti anche gli abitati rurali dei casanoli, cioè dei braccianti agricoli, e i campi di raccolta dei prigionieri di guerra. Nel passato v’erano i ghetti “dei pirati”, “dei saraceni”, che sbarcando a predare sulla costa, vi restavano prigionieri. Il ghetto degli ebrei era nel borgo XX Settembre: alcune case esistono ancora nel vicolo S. Giovami.
A Rimini si ricordano e’ ghèt d’la Zinganéina (S. Aquilina), dì Pirata (prima della Barafonda), di Turc (Villaggio Nuovo), di Casét (sotto Covignano), ad Pitini (a Spadarolo), ad Picinèli (sempre sulla strada di Verucchio, oltre il precedente), dla Zunèra (a Vergiano), dla Gajufèna, ad Filòn (via Marecchiese), ad Tamagnìn (S. Salvatore), ad Masìr (S. Maria in Cerreto), ad Casali (sulla strada di Montescudo), dla Furnèsa ad Marchesini (Cerasolo), dla Zarbajola (sulla vecchia strda di San Marino), ad Randòz (Spadarolo), ad Varièn (S. Giustina), ad Mavòs e de Castlàz (entrambi sulla vecchia strada di S. Marino), dla Brusèda e ad Tombanova (sulla strada di Coriano) e, più vicino a noi ricordiamo ancora e’ ghèt ad Patagnac (via Tripoli) e quello dla Cansouna (via Pascoli).
T’créd che Roma e’ sia un ghèt? (credi che Roma sia un ghetto?), è l’interrogativo che si pone – a mo’ di risposta – all’amico che esprime meraviglia ingiustificata, o ritenuta tale.
Dico all’amico: “Accidenti che bel vestito, che bella macchina!” E lui mi risponde in quel modo, come a dire: “Ma è del tutto naturale! Perché ti meravigli?”
Ricordiamo qui anche e’ ghèt d’Bastèla, in quel di Misano, e il singolare modo dire l’èlba de ghèt d’Bastèla. Questa alba pare sorgesse, per quegli abitanti, fra le undici e mezzogiorno, perché quella brava gente solo allora si levava, tutta la notte essendo impegnata a rubare. Un ghèt ad putèni (un ghetto di puttane): un paio di abitazioni ravvicinate, ospitanti ragazze allegre, e il marchio era indelebile.
Se di una zona diciamo ch’la s’è ardòta un ghèt (che si è ridotta un ghetto) vogliamo con ciò significare l’infittirsi delle costruzioni edili, coi relativi aumenti di popolazione, traffico, numeri, ecc.”
Ecco, capito ora il significato del titolo di questo post?
grazie cristella, i miei nonni abitavano nel ghetto ad Pitini, a spadarolo in una piccola casetta a schiera non proprio simile a una di oggi… reparto giorno a piano terra composto da un’unica stanza e per andare nella stanza da letto c’era una porticina nell’angolo che dava su una scala comune piuttosto ripida. Il bagno non c’era, cioè a dire il vero, c’era ma bisognava farsi 50 metri fuori per arrivare ad un capannino di legno dove fungeva da Water un buco coperto da una tavola di legno. Le mosche erano di gran compagnia. Poco lontano c’era una sorta di abbeveratoio con una pompa manuale per procurarsi l’acqua, dato che in casa non c’era. Devo dire che tutto questo, a me bambino un po’ inquietava, nonostante non vivessi nel lusso.
ciao
stefano
Non vi facevate mancare niente, eh?
Stefano: pensa quando faceva freddo, che bei ghiaccioli diventavano, i nostri nonni!
Princy: viato che lusso,nei nosttri ghetti?