In qualche angolino della memoria di Cristella bambina c’è un’immagine che ha come sfondo la spiaggia senza ombrelloni di Gatteo a Mare. Ragazzi e uomini del paese (Nicio, Alvaro e gli altri vicini, che ora non ci sono più) facevano la pesca alla tratta. Il ricordo è piuttosto sfumato (sono passati più di quarant’anni!), ma affiorano bagliori d’argento (probabilmente i pesci guizzanti catturati), gambe secche e nude, voci ritmiche e odori forti…
La pesca alla tratta non viene più praticata da tempo, è vietata. D’altronde, chi la farebbe, oggi? Diversi l’ambiente e la generosità del mare, diverse le persone.
Come patrimonio culturale e antropologico ogni anno la tratta viene rievocata a Cesenatico (registrata anche in questo servizio del TG3 Regionale).
A Viserbella ci si può documentare visitando il Museo della piccola pesca e delle conchiglie, gestito dall’Associazione E’ Scaion.
Ecco come viene spiegata la trata nel Dizionario Romagnolo Ragionato di Gianni Quondamatteo:
“trata – mar. tratta, rete da pesca (XIV sec., Pola). In uso sui fondi sabbiosi dell’Adriatico. Viene calata a semicerchio a breve distanza dalla spiaggia, e poi recuperata da due squadre di pescatori. Una serie di piombi, nella parte inferiore, la costringe a sfiorare il fondo, mentre una fila di sugheri, nella parte superiore, costringe questa a restare a pelo d’acqua. Quando l’Adriatico non era inquinato e povero di pesce, la tratta dava ottimi frutti: erano branchi di pesce turchino, dì sardoni soprattutto, cefali, mazzole, triglie e pesce di fondo. Erano famosi, per la loro bontà, i sardun dla trata, molto migliori di quelli catturai in alto mare. Nell’immediato, primo dopoguerra, ripopolatosi l’Adriatico per la tregua bellica imposta ai pescatori, si catturarono, con le tratte, enormi quantità di pesce turchino che restava a decomporsi in grandi mucchi sulla spiaggia, e che certi avveduti contadini usavano come concime. Il ricordo delle tratte è ormai consegnato alla memoria di qualche anziano, e a curiosi documenti fotografici. Le ultime, più note tratte della nostra zona, furono quelle di Guerino de dievul (Guerrino Bianchi), Baròz (Ricci), Ragnòn ( Conti), Gesaròli, Albinein. Noi ragazzini, sempre presenti alle varie pescate, raccoglievamo quanto sfuggiva alla cernita del pescatore; ci scappava quello che oggi viene riguardato come un raffinato fritto di pesce: gamberetti, pgnulét, qualche seppiolina o calamaretto, dei sardoncini, pesciragni liberati dalle pericolose spine velenifere, qualche plus. Si pensi solo che le acque adiacenti alla spiaggia ‘ribollivano’ letteralmente di gamberetti, con cui le nostre madri, – toltone un pugnello da far fritti – nutrivano i polli!”
Sempre di Quandoamatteo, la definizione del trattarolo.
Trataròl – pescatore a tratta. Vestito di stracci, perché sempre bagnato, e’ trataròl, cappello in testa!, faceva di solito un mestiere che gli consentiva ore libere da dedicare alla tratta. E’ raffigurato con calzoni rimboccati oltre il ginocchio, o addirittura in mutande fuori uso, con l’inseparabile e insostituibile crocco alla cintura o alla spalla.”
E, per restare dalle nostre parti, qualche brano che il poeta Elio Pagliarani, nativo di Viserba ( di cui ho scritto in un precedente post), ha dedicato a queste immagini marinare romagnole: i suoi ricordi parlano di pesca alla tratta, di Nandi, Baiuchèla, la Togna …
“A tratta si tirano” (da “Lezioni di fisica”, 1969).
A tratta si tirano le reti a riva è il lavoro dei braccianti del mare
la squadra sono rimasti i vecchi vecchi che hanno sempre fatto
quel lavoro perché una volta non ce n’era molto di lavoro
da scegliere e vecchi che gli è rimasto soltanto quello di lavoro che dormono in piedi
che mangiano in piedi tirando la corda
Baiuchela se piove che abbia vicino la sposa
a tenergli l’ombrello intanto che è scalzo nell’acqua di mare
si tendono
i nervetti delle gambe si indietreggia ancheggiando in ritmo corale ci si sposta di fianco
la corda tesa come un elastico il fianco legato al crocco il tempo di ballo la schiuma
tira da sola legati col crocco alla corda si mangia si dorme al lavoro si balla
una danza notturna di schiavi legati alla corda propiziatoria del frutto
dopo la corda
la rete dove il raccolto guizza nel fondo…
… e Togna che dirà che disse mangiala
te Signore lassù che io sono stufo
buttando in aria un piatto di minestra
d’erbe, che dirà se vivrà sotto terra…
…tutte le notti ancora degli uomini
si conciliano il sonno lustrando coltelli che luccicano
dormono coi pugni stretti
si svegliano coi segni sanguigni delle unghie
sulle palme delle mani.
E invece ha senso pensare che s’appassisca il mare.
ciao cristella…forse non ci crederai ma anche io ho partecipato a qualche piccola pesca alla tratta…fatta a Viserbella verso le 20 / 21 di giornate estive insieme al nostro bagnino di fiducia Maurizio e al suo babbo (deceduto poco tempo fa) che con il loro moscone partivano da riva facevano il semicerchio vicino all’imboccatura degli scogli, tornavano indietro e da riva si tiravano i due capi della rete che portava a riva il carico di pesciolini presi… ricordi di tradizioni che ora, a maggior ragione che è vietata, sicuramente non rifarei per altre ragioni legate ad un più ampio rispetto degli animali e della loro vita, ma che denotano anche in quello che tu hai scritto una grande voglia e tenacia di far sì che nulla del passato vada perduto…continua così Cristella, anche grazie a questi tuoi post ci sentiamo anche noi un pochino più romagnoli…