Da “Romagna civiltà” – vol I. Cultura contadina e marinara, Gianni Quondamatteo e Giueppe Bellosi, Grafiche Galeati Imola 1977.
Il ciclo di Carnevale si apriva con la dménga galinèra (la domenica gallinaia): la domenica precedente la settimana grassa (stmèna lòva); galinèra, in quanto si doveva uccidere una gallina vecchia per avere un buon andamento del pollaio (acsé cagli ètar al faséva bén, così le altre facevano bene).
Nei giorni grassi (i dé lòv) si intensificavano i trebbi e le feste da ballo. Durante questi divertimenti i contadini, narra il Placucci, prendevano sulle spalle e portavano in trionfo “il più benestante, ed il più greve e pesante della villa” fino alla sua cantina, ed egli dava loro da bere”.
Si usava anche andare in maschera (“andare in vecchia”). La maschera di campagna consisteva in una camicia lunga bianca e un bastone in mano. I mascherati, uomini e bambini, chiamati collettivamente “veccha”, giravano per le case gridando: ” Jò la povra vècia” e i contadini uscivano di casa dando loro pane, vino, carne, uova, formaggio. I mascherati allora ringraziavano: “Ca bona per la povra vècia, jò, jò” (casa buona per la povera vecchia, jò, jò), se invece non ricevevano doni auguravano “ca brusèda, jò jò” (casa bruciata, jò, jò).
Oltre alla maschera della vecchia ce n’era un’altra che le serviva di guida e che si chiamava bagaglione, vestita di una camicia sopra i panni e di un berrettone: essa gridava “a tutto potere”: “Ech i qua e’ pover carnevel, ch’u s’in vò andè” (ecco qua il povero Carnevale che se ne vuole andare) oppure “Ech e’ pover carnvalèt, jò, jò” (ecco il povero Carnevaletto, jò, jò).
L’ultimo giorno di carnevale, poi, si doveva mangiare sette volte e l’ultima sera – stando sempre al Placucci – si mangiava la gallina più vecchia del pollaio, con la convinzione che, se si fosse fatto altrimenti, l’indomani tutte le galline sarebbero state trovate morte.
Sempre il martedì grasso (e’ mért lòv) la notte si facevano i falò, dicendo che si bruciava il Carnevale. Alle dieci di notte le campane della chiesa suonavano la cosiddetta lòva, per annunziare che il Carnevale stava per finire e ricordare a chi aveva della carne preparata di affrettarsi verso casa a mangiarla, perché , passata mezzanotte, dal mercoledì delle ceneri (al zéndri sènti) fino al termine della Quaresima non si doveva più toccare carne.
Infine, una nota dolce di Cristella: ecco le ricette carnevalesche già segnalate in post precedenti. Castagnole, tagliatelle dolci, cantarelle…