Gnòrgnia è come il garbino e il pataca: difficile spiegarla al non romagnolo.
Di solito è una persona, di quelle noiose che non si vorrebbero mai incontrare. Se non se ne può fare a meno, la si sopporta a malapena e ci si arma di santa pazienza.
Ma potrebbe essere anche un libro, un discorso, un… post (come questo).
Nel dizionario italiano non l’ho proprio trovata, questa parola. Forse qualche commentatore extra-romagnolo mi può far sapere se esiste un sinonimo in altre parti d’Italia?
Senza esagerare, però, sennò anche questo blog diventa una vera gnòrgnia…
Av salùt!
Gnòrgnia: piagnisteo, mugolio continuo, nenia, filastrocca noiosa, brontolio interminabile.
Gianni Quondamatteo, nel suo Dizionario Romagnolo Ragionato, spiega: ripetizione noiosa, stucchevole; “fè la gnòrgnia” (fare la gnorgnia), di bambino e di adulto, che chiedono, insistono, ripetono, ecc.
“Ta me fat na gnòrgnia!” (mi hai fatto una bella gnorgnia!), “os-cia ac gnòrgnia!” (osta, che gnorgnia!). Di persona fastidiosa, stucchevole: “t’ci na bèla gnòrgnia!” (sei una bella gnorgnia!).
E’ rimasto proverbiale, a Rimini, un prete della chiesa di San Giovanni. Vissuto nei primi decenni del 1900, don Gnòrgnia era noto, a quei tempi, per le sue lunghe messe, in totale contrasto con don Lampo che sembra dicesse messa in 18 minuti…
“L’arivéva pianìn pianìn – scrive Enzo Fiorentini in I Scipuléin, ed. Il Ponte 1980 – S’e’ su bastunzéin, s’un caplàz ad pél locid che paréva un umbrèl, che cuprìva un gibidomini e, dréinta, znin znin, lò, cui stèva tre vòlti!” (arrivava pian pianino, col suo bastoncino, un cappellaccio di pelo lucido che pareva un ombrello, che copriva un gibidomini – non so cos’è, il gibidomini NDA- e, dentro, piccolo piccolo, lui, che ci stava dentro tre volte!).
Don Gnòrgnia avanzava pianino, attendeva, poi faceva un passettino, avanzando piano il bastoncino e d’estate avanzava il cappellone di pelo con una mano… per non disturbare troppo.
Forse era al mondo per sbaglio. Guadagnava l’entrata, imperturbabile anche se l’urtavano, si cavava il cappellone e mormorava qualcosa che erano certo delle scuse. Semmai, faceva un passettino indietro. Quando pioveva scompariva sotto un ombrellone dal quale spuntavano solo due enorme calosce lucide che si muovevano piano e dentro c’era anche lui: don Gnòrgnia.
All’infuori delle parole della Messa non lo si sentiva mai. E’ zarchéva ad nu dé dàn! (cercava di non dar danno!). Ma danno ne provocava lui con la sua lentezza!
I ragazzi cercavano sempre le messe di don Lampo. Se si capitava alla Messa di don Gnòrgnia eran musi lunghi…