“A garavlémi…”
Così rispose con naturalezza, qualche tempo fa, un’arzdòra quasi centenaria alla mia domanda su come, negli anni venti-trenta del secolo scorso, riuscisse a portare avanti la sua famiglia nonostante la situazione economica piuttosto problematica.
Vedova in giovane età, rimase sola con cinque figli maschi, il più piccolo dei quali non andava ancora a scuola.
Per rendere l’idea, la sua misera casa “sò m e’ fiòm” (su per il fiume, per la cronaca: lo storico fiume Rubicone) aveva il “pavimento” in terra battuta.
“Avèmi ‘na miséria che m’i sòrg ch’i antrèva u i vnéiva i guzlòun ma i òcc” (avevamo una miseria che ai topi che entravano venivano i goccioloni agli occhi). Tradotto: anche loro piangevano perché non c’era alcunché da mangiare.
Quindi, questa signora tirava avanti andando… “a la garàvèla”.
Tutto il giorno (e forse anche di notte, magari se l’azione non era del tutto… approvata) “a garavlè” nei campi degli altri.
A racimolare, raggranellare, così come insegna anche l’etimologia di questi ultimi due vocaboli detti in lingua italiana.
Racémolo e racìmolo: forma diminutiva del latino racèmus, grappolo d’uva. Ogni ciocchetto d’uva di cui si compone il grappolo, ed anche un grappoletto di pochi racimoli.
Racimolare: cogliere i racimoli e, fig. adunare a poco a poco.
Raggranellare: unire i granelli dispersi, mettere insieme a poco a poco, quasi granello a granello.
La Bibbia stessa raccomanda: “Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare: sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova.” (Deuteronomio – 24, 21).
E comunque, sempre, quando sento la parola “garavlè”, ma detta nella mia lingua madre, mi torna nella mente quella vedova, una donna romagnola forte, come tante.
Ed ecco cosa scrive in proposito Gianni Quondamatteo nel suo Dizionario Romagnolo Ragionato:
Garavlè: – racimolare, spigolare, raccogliere, guadagnare. S’èt garavlè òz? (Cos’hai raggranellato oggi?, a un poveraccio che vive alla bell’e meglio raccogliendo quello che può). Anche dopo un festino, o per un affare fatto andare in porto. Pure in senso ironico o confidenziale.
Morale della favola: tira una brutta aria… Si dovrà tornare a “garavlè“?