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Per non parlar della cantina: De Libris Cristellarum

Scaffale dialetto, scaffale autori romagnoli, scaffale Rimini (guide, storia, ecc.), scaffale narrativa straniera, scaffale narrativa italiana, scaffale cucina, scaffale arte e musica, scaffale giuridico/lavoro, scaffale enciclopedie, scaffale dizionari, scaffale gialli, scaffale mistery, scaffale infanzia, scaffale salute, scaffale geografia, scaffale religioni, scaffale poesia, scaffale libri “vintage” (antichi???)…

No, non è un’altra libreria che apre a Rimini. E’ la casa di Cristella, dove un libro è come il pane: buttarlo è peccato mortale. Lo spazio non basta più, i libri stanno fagocitando gli spazi, stanza dopo stanza, mobile dopo mobile (per non parlar della cantina…).

E mancano ancora tutti quei “Libri Che Da Tanto Tempo Cristella Ha In Programma Di Leggere”…

Ma quante vite servirebbero? Consoliamoci con Calvino:

“Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Italo Calvino (1979)

Non che t’aspetti qualcosa di particolare da questo libro in particolare. Sei uno che per principio non s’aspetta più niente da niente. Ci sono tanti, più giovani di te o meno giovani, che vivono in attesa d’esperienze straordinarie; dai libri, dalle persone, dai viaggi, dagli avvenimenti, da quello che il domani tiene in serbo. Tu no. Tu sai che il meglio che ci si può aspettare è di evitare il peggio. Questa è la conclusione a cui sei arrivato, nella vita personale come nelle questioni generali e addirittura mondiali. E coi libri? Ecco, proprio perché lo hai escluso in ogni altro campo, credi che sia giusto concederti ancora questo piacere giovanile dell’aspettativa in un settore ben circoscritto come quello dei libri, dove può andarti male o andarti bene, ma il rischio della delusione non è grave.
Dunque, hai visto su un giornale che è uscito Se una notte d’inverno un viaggiatore, nuovo libro di Italo Calvino, che non ne pubblicava da vari anni. Sei passato in libreria e hai comprato il volume. Hai fatto bene.
Già nella vetrina della libreria hai individuato la copertina col titolo che cercavi. Seguendo questa traccia visiva ti sei fatto largo nel negozio attraverso il fitto sbarramento dei Libri Che Non Hai Letto che ti guardavano accigliati dai banchi e dagli scaffali cercando d’intimidirti. Ma tu sai che non devi lasciarti mettere in soggezione, che tra loro s’estendono per ettari ed ettari i Libri Che Puoi Fare A Meno Di Leggere, i Libri Fatti Per Altri Usi Che La Lettura, i Libri Già Letti Senza Nemmeno Bisogno D’Aprirli In Quanto Appartenenti Alla Categoria Del Già Letto Prima Ancora D’Essere Stato Scritto. Continua a leggere

Scanzonata filosofia riminese. “Par piasér: ch’la m ne màza un chél!”

INTERNO GIORNO

Viserba di Rimini. Pomeriggio d’autunno nella sala d’aspetto del medico di famiglia. Stanza in ombra, dal soffitto basso. Aria stantia e pesante. Scomode seggiole addossate ai muri. Scaffaletto con vecchie riviste.

Tutti i posti occupati: tre o quattro signore di mezza età, due anziani con la cartella delle lastre in mano, un ragazzo di colore, un rappresentante del farmaco con la borsa di pelle d’ordinanza.

Cristella entra. Continua a leggere

Par san Marten ogni most l’è ven: il calendario del contadino

Proverbi e modi di dire che in pochi ormai ricordano, frasi rimate, frutto di saggezza popolare e antica, che scandivano stagioni di vita e ritmi di lavoro, che indicavano persone e situazioni. L’ispirazione veniva da tutte le attività, con preferenza per le quotidiane.

Innumerevoli i modi di dire romagnoli che hanno per soggetto la vigna, che fino a qualche decennio fa rappresentava, insieme al frumento, la coltura fondamentale. Forse perché, molto semplicemente, la gioia del contadino era “gran garnid e vida in fior” (grano in spiga e vite in fiore), che significavano pane e vino assicurati.

Il contadino “cervello fine”, si sa, non dava tanta importanza alle apparenze, sicuro che… “bèla vegna e poca uva” (bella vigna e poca uva).

San Martino e san Giovese: loro sì, che se ne intendono!

La coltivazione della pianta, la vendemmia, la svinatura e tutte le altre attività ad esse legate erano  regolate dall’avvicendarsi delle stagioni, secondo un calendario affollato di Santi, ma anche da numerose superstizioni.

L’uva inchev d’maz l’ha da fiurì Continua a leggere

Borsanìra, Fis-ciòun, Maza cris-cèn e gli altri: ma che curiosi, i soprannomi di Viserba e Viserbella

Ma tu non sei il nipote di…

Articolo pubblicato su Il Ponte del 23 ottobre 2011

Iniziata quasi per scherzo nell’estate 2010, la raccolta dei soprannomi di Viserba e Viserbella ha superato ogni aspettativa. Si tratta di un progetto dell’associazione culturale Ippocampo (laboratorio urbano della memoria), nata per mantenere vive le caratteristiche del territorio che col tempo rischiano di essere dimenticate. Luoghi, storie, tradizioni, ricette, personaggi più o meno famosi.

Consapevoli che in Romagna quando si parla di persone e di famiglie si deve passare dai rispettivi soprannomi, i soci di Ippocampo stanno esplorando questo aspetto.

Per il momento la ricerca è circoscritta alle zone di Viserba e Viserbella.

Come s’è svolta l’indagine?

“Abbiamo invitato i nostri concittadini a raccontarci i soprannomi di famiglia chiedendo anche le motivazioni, la provenienza territoriale del casato, i mestieri dei nonni e dei bisnonni – rispondono gli ‘ippocampini’ – Siamo stati presenti coi nostri elenchi al banchetto settimanale durante il mercatino estivo organizzato dal Comitato Turistico in piazza Pascoli. La gente arrivava anche con foto di famiglia e racconti, arricchendo così il nostro archivio che, in parte, stiamo mettendo a disposizione sul sito www.ippocampoviserba.it. Ma ci siamo mossi anche con mezzi più tecnologici, proponendo la ricerca su Face Book.”

Ridendo e scherzando l’elenco è arrivato a circa 300 soprannomi, molti dei quali arricchiti da notizie prese da libri di autori viserbesi o ascoltate dalla viva voce dei testimoni della memoria.

“Per ora li abbiamo semplicemente elencati in ordine alfabetico. Ma in futuro, sponsor permettendo,  vorremmo ricavarne un libro, con approfondimenti e divagazioni varie.”

Ecco una carrellata veloce sui soprannomi più noti e curiosi: Baiuchèla, Continua a leggere

Sostituire la pistola con un violino

Una festa dal significato particolare, quella che la parrocchia di Santa Maria al Mare di Viserba si accinge a celebrare nel prossimo week end.

“Momento forte nella vita del paese, come segno del rinnovamento parrocchiale – spiega il parroco, don Aldo Fonti – La festa di quest’anno avrà un occhio di riguardo verso la dimensione civile, ma soprattutto, sarà declinata sull’interculturalità.”

Il percorso, già iniziato la scorsa estate con diverse iniziative, continuerà quindi sabato e domenica con la tradizionale festa di inizio autunno della comunità.

Fra i vari appuntamenti proposti va segnalato l’arrivo dell’Orchestra Giovanile Venezuelana dello Stato Vargas, composta da 76 giovanissimi musicisti, che sabato animerà la “Messa Criolla” delle ore 18 e, alle 21, sempre in chiesa, terrà un concerto con brani del repertorio classico internazionale e altri legati alla tradizione venezuelana.

La particolarità di questo gruppo musicale?

Composto da ragazze e ragazzi giovanissimi, tutti dotati di grande talento naturale, è uno dei gruppi nati nell’ambito del “Fesnojiv”, il progetto governativo delle Orchestre sinfoniche giovanili e infantili del Venezuela fondato trent’anni fa dal maestro José Antonio Abreu.

Questo sistema nazionale delle orchestre, unico a livello mondiale, ha anche  interessato artisti del calibro di Claudio Abbado e Placido Domingo.

Non è solo un progetto musicale, ma sociale e umano.

Oggi coinvolge quindicimila insegnanti e trecento orchestre e cori giovanili. I ragazzi e bambini coinvolti sono oltre duecentoquarantamila, il novanta per cento dei quali di estrazione poverissima, raccolti dalla strada dove vivrebbero situazioni di droga e delinquenza. Ragazzi che hanno trovato nella musica una possibilità di riscatto personale e, in molti casi, diventando professionisti, un lavoro stimolante con cui riescono a mantenere la famiglia.

La scelta di Viserba per la breve tournée italiana non è casuale (l’altra tappa italiana è a Termoli, paese di provenienza del padre del direttore Domenico Lombardi, emigrato in Venezuela).

Con don Aldo Fonti esiste infatti un legame affettivo e di riconoscenza sviluppato in quindici anni di presenza attiva del sacerdote nella missione riminese nello Stato di Vargas. Collaborazione che dura tuttora con vari progetti sostenuti a distanza da don Aldo e dalla Diocesi di Rimini.

Un’ottantina di ragazzi non proprio ricchi che si accollano un viaggio così lungo e oneroso per portare la loro arte nella parrocchia dell’amico sacerdote non è cosa di tutti i giorni.

Con tale consapevolezza la comunità viserbese sta dimostrando cosa significhi la parola “accoglienza”, sostenendo in vario modo l’onerosa trasferta: dai pasti preparati da gruppi di volontari (in menu piada e lasagne), all’alloggio fornito gratuitamente o a prezzi stracciati dagli albergatori della zona.

Ognuno può fare la sua parte. E i viserbesi lo stanno dimostrando.