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Tonino Guerra: la memoria della terra e della lingua per tenerci saldi alla vita

Domani pomeriggio, organizzata dall’amica Sabrina Ottaviani dell’associazione “Ippocampo Viserba Laboratorio Urbano della Memoria“, da queste parti si terrà una curiosa gita fuori porta. Da diversi punti della Romagna, infatti, partiranno alcuni piccoli gruppi di persone (una trentina in tutto) che prenderanno la strada verso la casa-museo di Tonino Guerra. Chi da Viserba, chi da Rimini o Savignano o Gambettola… Su su lungo il fiume Marecchia per andare a far visita al grande poeta, ormai 91enne ma sempre molto in gamba.

A Pennabilli, se non ci saranno impedimenti dell’ultima ora, Tonino starà un po’ con noi. Spero di potergli chiedere qualcosa. Poi, lo so, basta dargli il “la”, che lui diventa irrefrenabile e racconta, affabula, incanta…

Dal libro che ho acquistato l’ultima volta che l’ho incontrato, il 15 gennaio a Gambettola, mi piace citare un brano della biografia scritta da Rita Giannini. Una descrizione che personalmente sento molto vicina e che vedo bene declinata anche sull’associazione Ippocampo, di cui sono una dei soci fondatori.

“E’ come fosse connaturata in lui la dimensione errante – scrive Rita – ma non errabonda o sognatrice, sempre invece alla ricerca del legame con le radici, con la terra, con la lingua madre, con l’infanzia, che è il nostro paradiso. E’ senz’altro per Guerra quello che ci riconcilia con il mondo, è la memoria che ci offre lo spunto per tenerci saldi alla vita, è il passato che ci dona il futuro, così come è il dubbio ad alimentare la domanda sul significato della nostra esistenza. E potrebbe essere la domanda a essere essa stessa il significato.”

Il libro , dal titolo “La Valle del Kamasutra, segni, sogni e altro scelti dal poeta” (ed. Bompiani) è a cura di Salvatore Giannella.

Sulla mia copia , alla prima pagina, c’è il regalo di Tonino per me. Eccolo:

dedica di Tonino Guerra sul libro "La valle del Kamasutra"

Sposarsi un’altra volta con lo stesso Re

“Tribunale Ecclesiastico: da Rimini 15 richieste di annullamento matrimoni.”

Questo il titolo di un articolo apparso oggi su un quotidiano on-line di Rimini (www.newsrimini.it)

Prosegue così:

“Dopo il capoluogo Bologna, con 40 casi, è Rimini, con 15, la diocesi emiliano-romagnola da cui arrivano più richieste di annullamento di matrimoni al Tribunale Ecclesiastico Regionale Flaminio. 7 quelle dalla diocesi di San Marino – Montefeltro. Le cause giunte al Tribunale sono state 293, contro le 352 del 2009. Le nozze dichiarate nulle sono scese da 163 a 139.
Le cause principali di annullamento sono l’esclusione dell’indissolubilità (32,1%), l’esclusione della prole (35,3%), e l’incapacità del coniuge di intendere al momento del matrimonio (20,9%).”

Non intendo assolutamente entrare nel merito, pur se una riflessione sulle reali motivazioni di annullamento può essere legittima. Un’istituzione, quella del Tribunale Ecclesiastico, che tutti pensano serva solo ad annullare matrimoni.

Ci credereste? Nel 1996 a Rimini, caso unico (e per quanto ne sappia non avvenuto mai neppure nella vicina Diocesi di Cesena), c’è stato un matrimonio non annullato, bensì “santificato” grazie allo strumento della “sanatio in radice”.

Eccone la storia. Continua a leggere

Anch’io mi guardo nello specchio di Germana, la mia amica poeta

Quello che mi piace, delle mie amiche, è che sono donne vere.

Non quelle patinate, rifatte, lucide e lisciate e che troppo spesso indossano la maschera di un sorriso finto.

Le mie più care amiche sono donne che si incontrano al supermercato e sul bus, che vanno in bicicletta o guidano quasi impaurite nel traffico cittadino, che lavorano dietro allo sportello delle poste o nei reparti degli ospedali, che puliscono le aule o insegnano ai bambini, che per due o tre volte al giorno, per tutti i giorni dell’anno, devono mettere qualcosa in tavola per  la famiglia senza che qualcuno dica grazie, che devono occuparsi/preoccuparsi di figli, nipotini,  genitori, suoceri…

Insomma, le mie amiche sono tutto questo. Ma sono anche poete.
La poesia di Germana Borgini è in dialetto di Santarcangelo. Quello specchio c’è anche in casa mia. Grazie, Germana.

E spèc

(di Germana Borgini)

E spèc l’è sfazèd, l’è una spèa,

ut dói cla verità ch’l’at fa mèl

ad chi dè che t’a n nè vòia

e te, par no dèi sodisfaziòun,

t’pas a chèul rét e t’a n t’zóir a guardèl.

Ma u i è di dè che u n t fa paèura;

tà l’affràunt fàza fàza

e ste bén, t’at’guèrd,

t’cì tè, si tu cavél biènch,

si sàulch dal risédi,

al somigliènzi si tu fiùl,

e quèl ch’ùt pis ad piò

l’è e tu sguèrd,

e tu sguèrd lébar.

Lo specchio / Lo specchio è sfacciato, è una spia / ti dice quella verità che ti fa male / in quei giorni che non ne hai voglia / e tu per non dargli soddisfazione, / passi indispettita e non ti giri a guardarlo. /Ma ci sono dei giorni che non ti fa paura / lo affronti faccia a faccia / e stai bene, ti guardi, / sei tu coi tuoi capelli bianchi, / coi solchi delle risate, / le somiglianze con i tuoi figli / e quello che ti piace di più / è il tuo sguardo, / il tuo sguardo libero.

Il viaggio di Raffaello Baldini

Mi sto accorgendo che ultimamente aggiungo a questo blog quasi solamente articoli sul dialetto e sulla Romagna…

Beh, non riesco a farne a meno. Penso sia una questione di pancia, più che di testa: è casa, è roba mia, è mamma e babbo…

Oggi copio direttamente da “La campagna appena ieri”, un bellissimo blog curato da Grazia Bravetti Magnoni e da Giovanna Gobbi.

“Viazè” è il titolo di una poesia di Raffaello Baldini, poeta di cui ho già scritto diverse volte.

Eccola:

VIAZE’

“Mo viaza tè, mè a stag bèn do ch’a so,
ch’i vèn da fura, aquè, pu u i è Suièn,
Vròcc, la Pargàia, ch’a n ‘i so mai stè
ma la Pargàia, gnenca tè? Mo ‘lòura
csa vèt zarchè vaièun, che me sno e’ lèt
furistir, e’ cuschi, che sa n’ò e’ mèi,
pu tòtt, t vè vèa se sòul, t’arèiv ch’e’ piòv
ta n cnòss niscèun, u t tòcca dmandè sèmpra
e al gambi quand l’è nòta, vdài e’ mond?

Che dòp t ci piò pataca ca ne prèima,
mo me u m pis ènca i pòst ch’u n suzèd gnènt.
A cal zò te Mareccia,
un slèrg, t’vè do ch’u t pèr, e tott chi sas,
mo u i n’è ch’à di culèur,
i lèus, sott’aqua, quèsti l’è al zità!
O a so balengh? E piò in là do burdèli
s’un gran maz ad fièur zal, al rèid, al còrr,
a pi nèud, sòura i sas, mo cmè ch’al fa?”

VIAGGIARE
Ma viaggia tu, io sto bene dove sono/che vengono da fuori, qui, poi c’è Sogliano/
Verucchio, Perticara; che non ci sono mai stato/a Perticara, neanche tu? Ma allora/
Cosa vai a cercare in giro, che io, solo il letto/forestiero, il cuscino, che se non ho il mio/
Poi tutto, vai via col sole, arrivi che piove/non conosci nessuno, devi sempre chiedere,/
E le gambe, quand’è notte, vedere il mondo?/Che dopo sei più coglione di prima?/
Ma a me piacciono anche i posti dove non succede niente, calo giù nel Marecchia/
Uno slargo, vai dove ti pare, e tutti quei sassi /ma ce n’è che hanno dei colori,/
Rilucono, sott’acqua, queste sono le città!/O sono balengo? E più in là due bambine/
Con un gran mazzo di fiori gialli ridono, corrono,/a piedi nudi, sui sassi, ma come fanno?

Annalisa e Giovanna: le donne e il dialetto

Il sito “Dialetti romagnoli in rete” curato da Davide Pioggia, linkato da Cristella già da qualche mese, è una continua scoperta. Come tutte le cose buone, va assaporato senza fretta, gustando con calma ogni sua pagina…

Per chi volesse iniziare ad entrare nell’atmosfera, può bastare l’ascolto di qualche poesia, racconto o altro dalla viva voce dell’autore.

Due pillole, brevi: un esempio di dialetto di Santarcangelo con la giovane Annalisa Teodorani (il 16 gennaio 2011 citata in un bell’articolo di Davide Rondoni pubblicato su “Domenica”, l’inserto culturale de Il Sole 24 ore, dal titolo “Spuntano nuovi poeti in Romagna”) che legge “Du an (Due anni) e l’immediatezza tutta riminese della non più giovanissima Giovanna Grossi Pulzoni (di Annalisa potrebbe essere nonna), nota autrice di teatro dialettale, con la barzelletta La pscarìa (La pescheria).

Se serve la traduzione, fasìl savé!