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Il Tiramisù del Direttore

INTERNO NOTTE

Un venerdì sera di fine estate, dopo cena.

Finito di lavare i piatti, verificato che in Tv non ci sono programmi di suo gradimento, Cristella si siede al Pc per dare un’occhiata al blog, alla posta e a Face Book.

Lo studio è nella penombra. Dal salotto giunge, in sottofondo, a tratti surreale, la voce della Tv: dialoghi da thrilling intervallati dai jingles delle pubblicità.

Si apre la finestrella della chat di FB. L’amico che richiama l’attenzione di Cristella è un aitante giovane Direttore di Giornale, tale Marco.

Marco. Ehi, ci sei?

Cristella. Sì, eccomi. Come va?

Marco. Mhhh. Sono molto giù. Ma quando mi mandi il nuovo pezzo?

Cristella. Ah, vero. Mi ero dimenticata di questo impegno per il tuo giornale.

Marco. Dai, pensa a qualcosa.

Cristella. Visto che sei giù, potrei cucinarti un bel “Tiramisù!”

Marco. ???

Cristella. Hai presente? Crema morbida, biscotti imbevuti nel caffè, pezzetti di cioccolato che scrocchiano fra i denti…

Marco. Gasp! Tu sì, che capisci gli uomini. Ho già l’acquolina in bocca. Non vedo l’ora!

SCENA SUCCESSIVA

Leggermente preoccupati, la moglie di Marco e il marito di Cristella si affacciano alle rispettive porte dei rispettivi studi dei rispettivi coniugi…

Tutto a posto, tranquilli. Il Tiramisù era proprio quello famoso in tutto il mondo. Preparato nel week end in una versione leggermente più “light” della classica, cioè sostituendo metà del mascarpone previsto con buona ricotta. Rimane sempre un dolce poco adatto alle diete dimagranti, è vero, ma molto indicato per le diete contro la malinconia.

Vero, signor Direttore?

Mi dispiace solo, per te, che il cioccolato che scrocchia sotto i denti e i sapori che c’erano attorno ce li siamo goduti noi due: Paolo e Cristella (e si vede, direbbero i maligni valutando le nostre taglie “pluri ics”…).

Vabbè, anche questi sono i piaceri della vita, no?

Ricetta per il Tiramisù light.

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Basta con l’asfalto: lastrichiamo le strade con le poveracce

Letta su Il Sole 24 Ore di fine agosto, la notizia che negli USA diversi Stati hanno deciso, per risparmiare sulle manutenzioni, di rimuovere l’asfalto dal suolo per tornare alle vecchie piste in terra battuta m’ha fatto pensare all’uso che c’era qui da noi, sulla Riviera Romagnola, di riempire le buche delle strade e delle piazze (di asfaltarle, in pratica) usando le conchiglie vuote delle “poveracce”.

Tornare indietro di qualche decennio? Perché no? Dopo ogni acquazzone (per non dire del ghiaccio dello scorso inverno) le strade viserbesi si trasformano in crateri lunari. La soluzione dei nostri nonni sarebbe pure ecocompatibile, oltre che economica.

Asfalto a chilometro e costo zero. Infatti si dice, delle poveracce: “Puràz chi li ciàpa, puràz chi li vend, puràz chi li compra, puràz chi li magna”  (poveraccio chi le pesca, poveraccio chi le vende, poveraccio chi le compra, poveraccio chi le mangia).

Forse meglio precisare che “si diceva”: basta guardare i prezzi delle poveracce in pescheria o al ristorante…

In ogni caso, ecco una ricetta antica e semplice, che fa gustare appieno il sapore del mare: al puràzi t ‘e stràz, cioè  nello straccio (dal Dizionario Romagnolo Ragionato di Gianni Quondamatteo).

“Si avvolgano e si stringano bene, in uno straccio bianco, delle poveracce fresche, e si immergano ripetutamente in acqua bollente. Tolti da questo bagno – la legatura impedisce che si aprano – questi gustosi molluschi, ancora ripieni della loro acqua, si offriranno in una fragranza profumata di mare.”

Naturalmente (è il caso di dirlo) se le acque in cui le nostre “poveracce nello straccio” sono state pescate non sono inquinate…

La tratta di Viserba: oggi pranzo con pesci a chilometro zero

In questi giorni sulle spiagge riminesi si sta rievocando la tratta, una forma di pesca in disuso da decenni, ma che caratterizzava il nostro litorale. Grazie ad una speciale autorizzazione della Capitaneria di Porto la Pro Loco Ghetto Turco di Rimini, con l’aiuto di alcuni pescatori esponenti storici della marineria viserbese, butteranno la lunga rete in quattro “calate”: due sulla costa nord della città, due nella zona sud (ieri, sabato 4 settembre, erano a Viserba, sulla spiaggia dei bagni 37-38; oggi, domenica 5 settembre, faranno il bis a Viserbella al bagno 40, alle 16.30; venerdì 10 a Miramare, bagni 139-140; sabato 11 a Marebello, bagni 99-100).

“La tratta – scrivono Gianni Quondamatteo e Giuseppe Bellosi nel libro ‘Romagna Civiltà’ (Grafiche Galeati, 1977) – era un’antica forma di pesca che si esercitava nei bassi fondali sabbiosi, lungo le spiagge adriatiche, in primavera, autunno e in parte anche d’estate. Le ore migliori erano quelle dell’alba e della prima mattinata. Il pesce, spesso molto abbondante, variava da stagione a stagione. In primavera si catturavano seppie, cefali, corvine, canaròl (triglie femmine rigonfie d’uova), branzini, ed infine cianchetti, paganelli, pignoletti, gamberi, pesci-ragni, qualche anguilla, rombi e soasi. I mesi estivi vedevano la scomparsa delle seppie, mentre aumentava il pesce turchino, in particolare modo i sardoni. Erano molto apprezzati, e richiesti in pescheria, “i sardun d’la trata”. Le aguglie apparivano in grandi quantità nei mesi autunnali. Per quanto concerne Rimini, i luoghi più pescosi erano nel tratto tra il molo di levante e la zona prospiciente Piazza Tripoli, e in particolare modo “sòta la Palèda”, “t’la bàca dl’Eusa” e “in faza la Cisa nova”. Le ultime tratte più note: quelle di Berto ad Ragnoun (un Conti di Rivabella), Guerino de Dievul (Guerrino Bianchi) della Barafonda, E’ Nir di Viserbella, Bagaròz (Ricci), Albinéin e Gesaroli.”

Per rievocare suoni, luci e colori della tratta, vale la pena andare a rileggersi la poesia del poeta viserbese Elio Pagliarani: “A tratta si tirano“, dal poemetto “La ballata di Rudi”.

Intanto, Cristella, spettatrice in duplice versione (per il Resto del Carlino e per l’associazione L’Ippocampo Viserba) oggi pranzerà con cefali arrosto del mare davanti a casa sua: decisamente freschi, meno che “a chilometro zero”, gentilmente offerti da Bertino Astolfi, Roberto Biagini, Rolando e gli altri pescatori che hanno organizzato l’evento.

Ecco la Saraghina, che ammorbava la spiaggia

Di Fellini e del suo rapporto con Rimini si è detto molto. Questa estate, ancora una volta, l’argomento è tornato d’attualità a causa (per colpa) dei casini – non quelli della Dora in via Clodia – creati dalla Fondazione intitolata al Maestro…

Come vedeva, Fellini, i riminesi? Certamente pataca, probabilmente un po’ cucali e sipulein, forse anche saraghine… Nulla di offensivo, perché lo sappiamo, di essere così… di sicuro andiamo dietro al garbino.

Ecco cosa scrive sulla saraghina il nostro Gianni Quondamatteo nel suo Dizionario Romagnolo Ragionato.

Saraghina – ittiol, papalina, spratto (Clupea sprattas). Pesce turchino, parente povero nella famiglia dei clupeidi, alla quale appartengono l’acciuga o alice, a sarda o sardella, la cheppia e l’aringa. Era una volta – e qui ci pare di ripetere la solita fiaba – il pesce che si acquistava, insieme ai paganelli, per soddisfare il gatto. Oggi è riscoperta e rivalutata, e costa cara. I periodi migliori sono i mesi di marzo e aprile e 40 giorni prima e dopo i “Morti”. Nei periodi suindicati, e appena pescata e cotta sla gradèla (sulla graticola) è un’ottima cosa. Intorno agli anni ’20, cioè subito dopo la prima guerra mondiale, le tratte ne pescavano a tonnellate: restava sulla spiaggia a imputridire e ammorbare l’aria, i contadini se ne servivano come concime. Federico Fellini ha chiamato Saraghina un personaggio del suo film “8 e 1/2”. Di donna magra oltre il lecito si dice ‘l’è na saraghina‘ (è una saraghina).

Casalinghitudine per soli uomini: a Rimini c’è!

Probabilmente molti corsisti verranno iscritti “volontariamente” dalle rispettive mamme, compagne, fidanzate e mogli. Quella che inizierà il 18 ottobre è già la terza edizione e Cristella conosce personalmente un paio di partecipanti del passato… diplomati a pieni voti e premiati con matterello e parananza.

Si tratta del corso gratuito, voluto dalla Consigliera Delegata alle Pari Opportunità e alle Politiche di Genere della Provincia di Rimini, dal titolo “Io… scommetto che ci riesco! Laboratorio pratico di cucina ed economia domestica per soli uomini“.

“Il progetto è dedicato a tutti gli uomini che hanno deciso di cimentarsi con le piccole e grandi prove della vita quotidiana”, si legge nel pieghevole illustrativo. Io aggiungerei: “anche a quelli che non l’hanno proprio deciso, ma si trovano obbligati a farlo”.

Mi vengono in mente, in prima battuta, tutti coloro che per vari motivi non hanno più (o ancora) una donna/cameriera/schiava a propria completa disposizione: separati e divorziati, vedovi, single di ritorno, figli maschi che decidono di tagliare l’ingombrante cordone ombelicale. Ma anche, nel segno dei tempi, i cassintegrati e coloro che hanno perso il lavoro: vietato stare a bighellonare, l’imperativo è “darsi da fare anche in casa!”.

Imparare, finalmente, che anche ‘casalingo’ è una qualifica professionale degna di rispetto.

Il corso si svolgerà dal 18 ottobre al 25 novembre, ogni lunedì e giovedì dalle ore 20.00 alle 23.00.

Ecco il programma: Continua a leggere