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Stanno lavorando per noi

Se qualcuno dei tanti turisti che durante l’estate frequentano il litorale romagnolo pensavano che in inverno qua si dorma sugli allori, dovrebbe venire a fare un giro dalle parti di Viserba in questo periodo.

Nella fascia litoranea compresa fra i bagni 33 e 38, immediatamente a sud del porticciolo turistico, da qualche giorno alcune ruspe stanno lavorando senza sosta per… rivoltare e “lavare” la sabbia.

le ruspe che

Sembra strano?

Non è certo la prima volta e non si fa solo qui. A livello sperimentale un intervento simile venne effettuato un paio d’anni fa in un altro punto della riviera riminese. Con successo, a quanto pare.

Quindi a Viserba fino a tutto marzo una fetta di battigia (fuori e dentro l’acqua) verrà grattata, rivoltata e ossigenata. Si otterrà così un’accelerazione dell’ossidazione dei materiali organici depositati, cioè una ripulitura che restituirà ai bagnini (e ai turisti-bagnanti) uno spesso strato di sabbia “ringiovanita”.

L’augurio dei numerosi cittadini presenti all’assemblea pubblica di ieri sera con l’assessore all’Ambiente del Comune, Andrea Zanzini, è che interventi come questo non restino isolati, ma che si possano ripetere anche in altre zone del nostro litorale.

Speriamo…

Il suo sorriso

“I funerali si svolgeranno in forma civile al civico cimitero. Non fiori, ma offerte all’Istituto Oncologico Romagnolo”.

Oggi pomeriggio eravamo in centinaia a dare l’ultimo saluto a una cara amica.

P. ha sempre vissuto col sorriso sulle labbra. Anche negli anni della malattia. Serena e coraggiosa. Un faro sicuro per il marito, un esempio per i figli e per tutti coloro (tanti) che hanno avuto la fortuna di conoscerla.

P. ha scelto, coerentemente col suo laicismo, di non avere un funerale religioso.

Quando muore un personaggio famoso che fa la medesima scelta, spesso la cerimonia funebre si tiene in un luogo “ufficiale”, come una piazza, un teatro, una sala consiliare o qualcosa del genere. Per fortuna oggi c’era un tiepido sole a scaldare l’aria. Mi chiedo cosa sarebbe successo in caso di maltempo. Il piazzale all’ingresso del cimitero di Rimini era stracolmo di persone. Tutti in piedi, compresi gli anziani parenti di P. Qualcuno ha preso la parola per un breve e sentito ricordo. Ma così, senza amplificazione, tanto che non tutti i presenti hanno potuto ascoltare, tra l’altro, il bel saluto che P. stessa aveva preparato, consapevole del suo destino.

Mi chiedo: in una città come la nostra non dovremmo costruire un luogo che possa accogliere una dignitosa cerimonia funebre per chi, come sua libera scelta, non desidera entrare in una chiesa?

Senza fronzoli e orpelli: basterebbe uno spazio al coperto, caldo d’inverno e fresco d’estate; qualche sedia; posto dove poter appoggiare un mazzo di fiori accanto alla bara; la possibilità di fare un discorso per l’ultimo saluto, magari con l’accompagnamento di un violino.

“Sala del commiato”, si potrebbe chiamarla.

Non so se esista già qualche progetto in tal senso. In caso positivo, mi auguro che venga realizzato in fretta.

Saluto febbricitante…

Questo è un post influenzato…

Dai e dai, arriva un momento che ti fermi per forza!

Febbre alta e forti dolori alla schiena e alle gambe.

Neanche la forza di stare al Pc (sintomo ben grave, per chi mi conosce!).

Al prossimo post, dunque, sperando sia il prima possibile.

Job talkiamo?

Col titolo “Buon 2008 ai poeti, operai dell’avventura, da JobTalk”, il blog di Job 24, inserto del quotidiano economico più famoso d’Italia (Il Sole 24 Ore), dà la misura di quanto il nuovo spazio web gestito e diretto dalla giornalista Rosanna Santonocito spazi oltre i confini istituzionali che riguardano il mondo del lavoro.

Lo visito e lo commento come “addetta al lavoro”, trovandolo interessante per le mille informazioni e i tanti aggiornamenti che riguardano la mia professione di operatrice in un Centro per l’impiego. Ma anche per il piacere di leggere pagine di giornalismo di qualità che offrono qualcosa di più del puro nozionismo tecnico.

Si parla e si discute di chi il lavoro ce l’ha e di chi lo cerca; di chi lo prende, lo lascia e lo riprende; di chi lo vorrebbe diverso; di chi, donna, pensa che se fosse nata maschio lo avrebbe più qualificato; di chi studia e va all’estero per ottenerlo; di chi lo racconta nei libri e nei blog; di chi lo filma, di chi lo disegna e di chi lo canta… E di chi, come Alda Merini, ne fa poesia.

“L’augurio che non ti saresti aspettato da un quotidiano economico”, così titolerei il post di Jobtalk del primo gennaio e che, semplicemente, riporta la poesia della Merini che copioincollo qui sotto.

Ma anche nell’ultimo inserto settimanale del giovedì Nòva 24 non si scherza: “Oggi è il primo giorno del resto della tua vita”, c’è scritto a tutta pagina. I colleghi si stanno ancora chiedendo perché, come addetta di turno alla rassegna stampa quotidiana, questa mattina mi sia dilungata più del solito a “studiare” il giornale dalle pagine rosa che nessuno di loro vorrebbe mai spulciare…
“Meditate, gente, meditate!”, vorrei annotare per tutti sulle fotocopie che ho distribuito…

E godetevi “l’anno che porti cose migliori”. A partire da oggi, da adesso. E anche da domani, che sarà di nuovo il nostro oggi.
ANNO CHE PORTI
di Alda Merini

Anno che porti cose migliori forse o forse una cornucopia di abbandoni…

Certamente l’amore,

se stringiamo le nostre mani dentro i nostri giorni caleranno i giudizi universali nei nostri auspici:

siamo grandi, ormai, finalmente grandi e forti da credere al delirio della pace che è la sola certezza.

E finalmente i poeti, operai dell’avventura,

canteranno i peana della grazia….

C’è su internet, quindi è vero

“Non puoi costruire una casa senza chiodi e legname. Se vuoi che la casa non si costruisca, fa’ sparire chiodi e legname. Se non vuoi un uomo infelice per motivi politici, non presentargli mai i due aspetti di un problema, o lo tormenterai; dagliene uno solo; meglio ancora, non proporgliene nessuno. Fa’ che dimentichi che esiste una cosa come la guerra. Se il Governo è inefficiente, appesantito dalla burocrazia e in preda a delirio fiscale, meglio tutto questo che non il fatto che il popolo abbia a lamentarsi. Pace, Montag. Offri al popolo gare che si possono vincere ricordando le parole di canzoni molto popolari, o il nome delle capitali dei vari Stati dell’Unione o la quantità di grano che lo Iowa ha prodotto l’anno passato. Riempi loro i crani di dati non combustibili, imbottiscili di ‘fatti’ al punto che non si possano più muovere tanto sono pieni, ma sicuri d’essere ‘bene informati’. Dopo di che avranno la certezza di pensare, la sensazione del movimento, quando in realtà sono fermi come un macigno. E saranno felici, perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi. Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affinché possano pescare con questi ami fatti ch’è meglio restino dove si trovano. Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza. Chiunque possa far scomparire una parete TV e farla riapparire a volontà, e la maggioranza dei cittadini oggi può farlo, sarà sempre più felice di chiunque cerchi di regolo-calcolare, misurare e chiudere in equazioni l’Universo, il quale del resto non può esserlo se non dando all’uomo la sensazione della sua piccolezza e della sua bestialità e un’immensa malinconia.”

Così si rivolge il capitano Beatty al sottoposto Montag nel romanzo di Ray Bradbury Fahrenheit 451. I due sono vigili del fuoco impegnati a distruggere tutti i libri esistenti in una fantomatica società del futuro (il libro è stato scritto nel 1951) governata attraverso la televisione.

Ho appena fatto un giro sui diversi canali televisivi, questa sera. Il menu è sempre lo stesso: quiz milionari, pacchi vari, ruote della fortuna, identità da scovare. Dall’altra parte, gente che viene uccisa in tutti i modi, sangue che scorre, odio e violenza in mille salse.

Riapro “Fahrenheit 451” alla pagina che mi aveva colpito, ieri sera, e vedo la società di oggi, dove “chiunque possa far scomparire o riapparire una parete Tv” (è l’equivalente di “chiunque tenga in mano un telecomando”) dovrebbe “essere più felice di chiunque cerchi di regolo-calcolare, eccetera…”. Almeno secondo l’intenzione di chi dirige il grande circo.

Sto leggendo “Fahrenheit 451”, che ancora mi mancava, a causa di una discussione aperta nei giorni scorsi con una persona che dovrebbe saperne più di me.
Prima di insistere su quanto affermo, di solito preferisco verificare cercando conferme. Soprattutto quando mi scontro con qualcuno che invece ritiene di essere depositario dell’unica verità.
In breve: quel qualcuno ha scritto “il celebre romanzo di Bradbury ‘Farhenait 451’ (sic!)”. Ho qualche vago ricordo delle lezioni di fisica, più di trent’anni fa, ma ascolto spesso la trasmissione quotidiana sui libri di Radio Tre e ho letto chissà quante volte del film di Michael Moore. Quindi mi sono affrettata ad avvisare Tizio del refuso in cui era inciampato, pasticciando con un paio di “acca” e con la pronuncia tedesca.
“No, no. Non è un errore. Sei tu che sbagli! – ha risposto con sicurezza – Guarda che su internet è scritto così. E poi, me l’ha confermato Caio, il mio copywriter di fiducia.”
“Mah – ho pensato – Se mi contestano in due con tanta certezza, forse sono davvero io che sbaglio. Magari il romanzo inizialmente aveva un altro titolo, forse per qualche motivo provocatorio.”

E così ho cercato il libro, che tra l’altro, come dicevo sopra, ho scoperto essere molto attuale.
Per la cronaca: è vero che se su Google si digita Farhenait si trovano 10.500 risultati, ma se si cerca Fahrenheit (scritto giusto) ce ne sono quasi venti milioni.
La convinzione di Tizio e di Caio (“C’è su internet, quindi è vero”) è la prova che questa società non solo è basata sulle verità (?) che escono dallo schermo televisivo, ma anche sulle certezze (?) che troviamo in rete.
La controprova?

Cerco un nome conosciuto a livello planetario, quello del mio concittadino più famoso. Su Google ci sono 655 siti che lo ribattezzano Federico Felini.
Va a finire che dovremo togliere un’elle all’aeroporto, qui a Rimini…