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Gli intraducibili: l’è na ligéra

“Se lo dici ad un ragazzino, a un burdèl, nulla di grave. Ma se è riferito ad un adulto…”

Questo il discorso che ieri – mediato dalla voce e dal cuore della moglie Cetta – m’ha fatto il grande poeta Elio Pagliarani durante una piacevolissima intervista sulle sue origini viserbesi e sul legame mai spezzato con la terra romagnola. Continua a leggere

Questi riminesi…. buoni in graticola, come i sipuléin

“… una sorta di razzismo che in Liguria c’è e c’è sempre stato, anche se ora è un po’ più latente, quello tra i rivieraschi e i “muntagnin” i montanari, anche se qui da noi non sono proprio montagne, ma alte colline. Chi veniva dalla campagna era come dire, il pollo di turno, il contadino, il sempliciotto, quello di un’altra era, non faceva parte della città, e difficilmente se ne sarebbe integrato.”

Prendo spunto da queste righe scritte da Luca, amico blogger ligure (“Mi Arrangio”), per raccontare di seppiolini e cipolloni. Come dire: anche da questa parte, sull’Adriatico, è sempre esistita un po’ di maretta fra rivieraschi e campagnoli.

Per gli abitanti del nostro entroterra (Santarcangelo, San Marino e dintorni: anche qui colline, più che montagne) i cittadini di Rimini erano spregiativamente chiamati sipuléin (o scipuléin), cioè “seppiolini”.

“Bollati con questa metafora, centrandone argutamente, un po’ per dileggio, un po’ per invidia, il fisico molliccio e pallido delle seppie, però tenace e infido per quelle lingue non meno insidiose dei tentacoli; il temperamento tutto di testa di quegli imbroglioncelli (ovvero faquajoun), lesti a provocare e subito a sfuggire dietro torbide cortine di verbosità frastornante; il modo di vivere complicato, incomprensibile per la lineare solarità dei parrocchiani di campagna. Comunque gustosi, se fatti in graticola o padella… i seppiolini, naturalmente! (così scrive Sergio Ceccarelli nell’introduzione al libro “I Scipulein” di Enzo Fiorentini, ed. Il Ponte 1999).

Zvuloun (cipollone) è invece il cittadino santarcangiolese per quello di Rimini. Il riferimento diretto è di sicuro alle ottime cipolle che in questo territorio vengono coltivate.

Scrive Quondamatteo a proposito di questa diatriba fra confinanti in terra di Romagna (dal Dizionario Romagnolo Ragionato):

“Tutto sommato, non si sa bene dove sia l’ingiuria; uno spiedino di sipuléin cotti a regola d’arte sulla brace e un padellone di zvulùn al forno sono due delizie che stanno alla pari, e fortunati coloro che ancor oggi sono in grado di godersele.”

A parte l’aspetto culinario, rileggendo la descrizione del carattere dei riminesi fatta dal professor Ceccarelli e riportata qui sopra, penso ai nostri amministratori e alle frequenti polemiche che pubblicano i giornali locali. Non si può negare che i nostri sipuléin, col loro inchiostro, siano “lesti a provocare e subito a sfuggire dietro torbide cortine di verbosità frastornante…”

Ma forse, in questo, tutto il mondo è paese: l’homo politicus è molto sipuléin...

Un “t’amaz” e “un azidént” non si negano a nessuno!

Giuliano Bonizzato è un noto avvocato riminese che ama scrivere racconti legati alla storia e alla cultura del territorio in cui vive. Sul quotidiano La Voce tiene un’interessante rubrica intitolata “Cronache Malatestiane”.
Domenica scorsa, 23 marzo, il titolo attira subito la mia attenzione di dialettofila: “Un ‘t’amaz’ non si nega a nessuno”.
E l’articolo non delude le aspettative…
Scrive, Bonizzato, che la sua prima difesa penale aveva a che fare con questa diffusa espressione dialettale.
Il suo cliente era imputato del reato previsto e punito dall’art. 612 del codice penale, per aver minacciato di morte il proprio vicino con la frase “Me ma té a’ t’amaz!” (Io, a te, ti ammazzo!).
L’imputato negava l’addebito, pur ammettendo di aver avuto col vicino una vivace discussione.
Bonizzato racconta con grande ironia le peripezie occorse per andare ad ascoltare a domicilio, in un paesino sperduto fra le montagne dell’entroterra riminese, la madre novantaseienne ed inferma del minacciato, unica testimone del fatto. Col novello avvocato, il Pretore, il Pubblico Ministero e il Cancelliere.
L’è vera l’è vera, sgnòr Pretòr! E’ mi fiol l’era ma la finestra, lò l’è passè d’-ciota… i a cminzé a ragnè cum e solit e lò u j a dét: mé ma té a’ t’amaz… mé ma té a’ t’amaz…L’è vera, l’é vera!” (E’ vero, è vero, signor Pretore! Mio figlio era alla finestra, lui è passato di sotto, hanno cominciato a litigare come al solito e lui gli ha detto: io a te ti ammazzo, io a te ti ammazzo… E’ vero, è vero!).
Al processo il giovane avvocato, forte dell’autorità di chi sul dialetto romagnolo aveva passato una vita, sostenne che dalle nostre parti un “t’amaz” non si nega a nessuno. Che il termine rappresenta quasi un innocuo intercalare. Che esso non può essere in ogni caso considerato tale da indurre turbamento psichico grave nel soggetto passivo, soprattutto nel contesto di una sia pur accesa discussione tra vicini…
Il Pretore accolse la tesi di Bonizzato e prosciolse l’imputato per difetto di querela.
Ed è proprio così: ci sono delle frasi, nel nostro intercalare, che tradotte letteralmente in italiano farebbero venire i brividi. Un altro esempio?
Ch’u t’avnèss (o ch’u t’ciapèss) un azidént”, che si traduce con “che ti venga (o che ti prenda) un accidente”.
Nelle stesse occasioni si dice anche “ch’u t’vegna un còlp!” (che ti venga un colpo!).
Sembra strano, ma questi sono saluti fra amici, che magari non si vedevano da vent’anni! Ci si butta le braccia al collo e si è felici di rivedersi sani e salvi.
Ch’u t’avnéss un azidént!”, dunque, è un complimento. Per dire: “evviva, che piacere ritrovarti!”
Già, perché in Romagna un “t’amaz” e “un azidént” non si negano a nessuno…

Fra principesse e regine c’è intesa. Princy e Cristella, unite da… una sana risata

Se non rido non vivo, perché credo che l’ironia sia l’unico modo per salvarsi dalla disperazione.”

Si conclude con queste parole l’intervista dalla mia amica blogger (e commentatrice fedele) Marina Garaventa, alias Princy60, alias La principessa sul pisello.
Il servizio in questione è andato in onda nell’edizione regionale ligure del TG3 lo scorso 4 marzo, in occasione dell’uscita del libro scritto da Marina insieme a Emilia Tasso intitolato “La vera storia della principessa sul pisello”.

Grazie alla collaborazione tecnica di un altro blogger, l’amico Menphis, chiunque può rivedere e riascoltare l’intervista cliccando qui.

Non vorrei dire di più, se non invitarvi ad ascoltare bene la storia di Marina e, se non l’avete già fatto, andarla a conoscere meglio visitando il suo blog.
Concludo con qualche “parola in libertà”:
propongo di proclamare santo, e subito, chi ha inventato il computer, Internet, i blog e i sintetizzatori vocali;
consiglio tutti gli amici di Cristella di segnarsi l’indirizzo di Princy nei preferiti, tenendo sempre presente che i suoi post e i suoi commenti – oltre che essere di livello culturale, ironico, narrativo “degno di nota” – hanno un peso decisamente diverso da quelli di tutti gli altri blogger (e nessuno si offenda…);
suggerisco (anche a me stessa) di fare propria la filosofia di Marina (“se non rido non vivo”), lasciandoci andare più spesso e volentieri a qualche sana risata…
… che magari quel dolorino alla spalla e al braccio che mi assilla da tempo per l’uso eccessivo del mouse mi passa, vuoi vedere?…

Gli 88 anni di Tonino Guerra. La bellezza ci salverà.

“Adesso taglio la torta e me la mangio”.
Tonino Guerra, oggi
pomeriggio, ha concluso così il suo discorso ai concittadini di Santarcangelo di Romagna, accorsi numerosi per festeggiare i suoi 88 anni.
La scalinata di Santarcangelo di Romagna, dopo la festa per Tonino Guerra
Fra il pubblico c’erano pure diversi ospiti dalla Russia, il paese della moglie Lora, fra cui importanti attori e registi di teatro (anche il grande Yuri Liubimov). Giunti appositamente per i festeggiamenti dedicati al poeta, che proseguiranno domani a Pennabilli, la cittadina del Montefeltro nel quale Tonino vive da diversi anni.
E’ stato molto emozionante seguire il corteo che si era formato per le strade di Santarcangelo e che si spostava al suono di una Marching Band.

Dal parco dove l’Amministrazione Comunale ha posto due “bitte” accanto alla fontana disegnata dal poeta (“il nostro regalo, visto che lui ha sempre detto che siamo come un porto di mare”, ha detto il sindaco Vannoni), accompagnati da un’amazzone biancovestita su cavallo altrettanto candido (che pareva uscita da una scena dei tanti film sceneggiati da Tonino), ci si è portati sotto i portici delle Beccherie.

cavallerizza bianca

Sul percorso, appese alle finestre e ai balconi, alcune delle tele create in collaborazione con l’Antica Stamperia Pascucci di Gambettola: disegni di farfalle, bambole, Madonne usciti dalla fantasia di Tonino Guerra ed elaborati con l’antica tecnica della stampa a ruggine dagli artigiani gambettolesi. Queste tele negli ultimi anni sono state protagoniste di mostre molto apprezzate ed hanno ormai fatto il giro del mondo.

“La bellezza ci salverà”, questa una delle frasi che hanno caratterizzato il successivo discorso del poeta.
“In Italia abbiamo ‘la’ bellezza: basta questo a far venire la gente. Da noi ci si sente in famiglia. Il popolo italiano ‘fa star bene’. Ma dobbiamo abbellire ancora, più che si può: i ristoranti, gli alberghi, le città. Dobbiamo porre attenzione alla luce, che in certi momenti deve avere un altro sapore. Dobbiamo dare valore agli artigiani…”
E, riferendosi a Santarcangelo: “Questa città avrà un viaggio bellissimo. Come luogo dove si può fare tenerezza con l’arte.”

Guerra ha anche ricordato diversi aneddoti riferiti alla sua amicizia e alla collaborazione con Federico Fellini, con De Sica e Mastroianni. Ma anche gli incontri con due Presidenti della Repubblica, Ciampi e Napolitano, che gli hanno inviato telegrammi di auguri letti durante la festa.
Mi sono sbizzarrita a scattare fotografie, oggi. Non sono certo di buona qualità, ma un’idea dell’atmosfera la possono dare, no?
Una burdèla romagnola coi suoi palloncini
Quest’ultima, che stavo per cancellare perché mi pareva “sbagliata”, l’ho salvata in corner. Mi pare rappresentare meglio delle altre la giornata di oggi: la tela disegnata da Tonino alla finestra, la ragazzina (una burdèla) sorridente, truccata e travestita con colori da clown, che porge palloncini.
E, nell’angolo, la bicicletta. Che fa tanto Romagna.

At salut, Tonino. Auguri anche dalla piccola Cristella.
Tonino Guerra, la moglie Lora, il sindaco di Santarcangelo