Era una notte buia e tempestosa…
No, non è il solito incipit di una banale storia da brividi. Si tratta di una storia vera, che ha provocato i brividi ai suoi protagonisti per vari motivi.
Innanzitutto quelli atmosferici. La notte fra il 5 e il 6 gennaio del 1979, infatti, era veramente gelida: aveva nevicato per giorni interi e le temperature molto gelide avevano creato una lastra di ghiaccio spessa una decina di centimetri sulle strade di Gatteo a Mare e Cesenatico.
Mia sorella Teresa era all’ottavo mese di gravidanza e, a differenza della prima volta, nove anni prima quando nacque Omar, si era ingrassata quasi venti chili. Inspiegabilmente. Va precisato che in quei tempi le ecografie, anche se esistevano, non andavano di moda, si effettuavano solamente per casi a rischio. E la gravidanza di Teresa, a parte il forte aumento di peso, era sempre stata perfetta: ad ogni visita di controllo l’ostetrico la trovava in piena forma e così diceva anche per il bimbo che aveva in grembo.
Ma a quella visita dell’ottavo mese, il cinque di gennaio, finalmente, forse, si accorse che qualcosa non andava. “Il bambino è piccolissimo, rispetto al volume della pancia!”, sentenziò. E così, per effettuare altri controlli, la trattenne in ospedale, a Cesenatico.
Non avevamo il telefono a casa. Di fronte a noi e a Teresa abitava Vitaliana, l’unica del vicinato ad avere l’apparecchio e che quindi fungeva anche da telefono pubblico per tutti i casi di emergenza.
Verso le undici di quella notte gelida si sentì scalpicciare su via Primo Maggio. Era Vitaliana che andava a bussare alla finestra di Piero (marito di Teresa) per dirgli che avevano telefonato dall’ospedale per avvisare che stavano portando sua moglie in sala parto, visto che aveva “rotto le acque”.
Con le catene montate Piero partì. Pochi chilometri, ma fatti con quel tempo e con quel pensiero in testa parevano interminabili.
Noi, tutti svegli, a guardare dalla finestra quel paesaggio irreale, col pensiero alla figlia e sorella che stava partorendo. Magari una femminuccia, come lei desiderava, visto che il maschio l’aveva già.
Poco dopo la mezzanotte, ecco di nuovo la vicina del telefono, Vitaliana, che esce da casa sua col cappotto buttato addosso. Attraversa la strada sotto le luci dei lampioni e le sfruffole di neve che cadevano silenziosamente e viene a bussare. “Ha telefonato Piero: è nato un maschio!”
Evviva! Dai, è andato tutto bene… Domani andremo a trovarli.Vabbé, pazienza se è un altro maschio, l’importante è che stia bene.
L’adrenalina era già a mille: non doveva nascere quella notte, mancava ancora un mese… Ma quando la vicina ri-attraversò la strada per la terza volta, una mezzoretta dopo, non sapevamo proprio cosa aspettarci.
“Un altro maschio!”
Impazziti dalla gioia, confusi, storditi… “E adesso? Abbiamo solo una culla!”
Ricordo, di quelle ore, un guazzabuglio di sentimenti, di paura per il futuro, di preoccupazione mescolata ad una grande felicità. Tremavamo letteralmente dal brivido che le notizie che arrivavano da Cesenatico ci avevano procurato.
Altra telefonata: “Chi vuole vedere i bambini deve andare subito, perché sono troppo piccoli e li stanno preparando per portarli all’ospedale di Cesena, dove c’è il reparto di Terapia Neonatale.”
Ci voleva del coraggio, a partire con quel tempo. Era ancora buio. Alvaro, il fratello di Piero, disse: “Io vado! Vuoi venire con me, Cristina?”
“Sì, sì!”
Trentacinque anni, ma sembra ieri. Rivedo la scena: le luci soffuse del pronto soccorso dell’ospedale immerso nel silenzio della notte… I gemellini erano già nelle culle termiche, pronti per essere caricati sull’ambulanza. Li vedemmo solo passare, ma erano bellissimi! Andammo su da Teresa e la rassicurammo, come già aveva fatto il marito.La nostra conferma, ci raccontò poi, le fece molto bene. “Li abbiamo visti: Stanno bene, sono vivi, si muovevano!”
“Dopo il parto del primo bimbo, – raccontò – cercavano di farmi espellere la placenta, che stranamente non fuoriusciva. E, invece, si sono trovati la testa del secondo bambino. Solo in quel momento medici ed operatori (e mamma!) si sono accorti che si trattava di una gravidanza doppia. Anzi, “unica”, perché Simone e Gianni sono veri gemelli omozigoti e anche adesso che sono dei giganti, mariti e papà, la zia fatica a riconoscere uno dall’altro.
Buon compleanno, nipotini portati dalla Befana…
Nati sotto una buona stella, nonostante gli ostetrici poco lungimiranti…