“Se tu fossi quella che io direi dovresti essere…”

Giuseppe Argenziano, 75 anni, è un pensionato che ama la poesia.
Laureato in geologia, ha insegnato al liceo scientifico di Termoli (CB) e poi, per 10 anni. all’Istituto Professionale Alberti di Rimini. Abita a Santa Giustina ed è socio della Banca del Tempo Q5 di Rimini.

Nella 4^ edizione del premio letterario “Città di Corridonia”, dal titolo “Voci della nostra gente”, è stato segnalato come autore in rappresentanza della Romagna, per la poesia, “Ricordi”, dove Argenziano racconta di un amore vissuto da giovane..

Ma a Cristella piace molto anche “Ti voglio così come sei”, poesia dedicata alla moglie Maria Maura, anche lei socia della Banca del Tempo.

Ti voglio così come sei (di Giuseppe Argenziano)

Se tu fossi

quella che io direi dovresti essere

non saresti

quella che tu sei.

Mi fai soffrire

mi fai star male

mi fai impazzire,

ma cosa sarei io

se tu non fossi

quella che tu sei.

Che vita sarebbe la mia

che angoscia sarebbe per me.

Che cosa io farei

se tu non fossi

quella che tu sei.

Ti amo

e sei la sola.

Ti adoro.

Ti voglio per me.

Sei gioia

vita

chimera.

Sei

quella che tu sei

e sei la mia unica donna.

 

 

 

 

Trovato il lavoro ideale: si viaggia molto e…

Ne è passata, di acqua sotto i ponti, da quando, nel lontano settembre del 1979, Cristella ha iniziato la sua carriera lavorativa nel mondo del lavoro. Nel senso vero: impiegatuccia/travet nel minuscolo Ufficio di Collocamento di Gatteo. Uno stanzino polveroso tre metri per due, dove non c’era neppure posto per far stare seduti comodamente il collocatore titolare e la sottoscritta appena arrivata. Ufficio ammobiliato con scaffaletti in faggio, schedari zeppi di tesserini rosa in cartoncino e consunti libretti di lavoro da riempire con timbri, carta velina e fogli copiativi blu per scrivere a mano i nulla osta in quadruplice copia, la disoccupazione che pagavamo con 800 lire al giorno, aziende che correvano avanti richiedendoci personale che il giorno dopo “mandavamo” subito, fossanche la prima quattordicenne baldanzosa che varcava la soglia del nostro ufficio.

Era così, giuro.

Poi le cose sono cambiate. Dal 1987 stop a graduatorie e richieste nominative  e numeriche: se vuoi essere assunto devi piacere al datore di lavoro, devi saperti vendere senza contare sull’assistenzialismo dell’ufficio pubblico (salvo le eccezioni – giuste – delle ‘categorie protette’).

E qui comincia la comica: quante ne ho sentite, agli sportelli, in oltre trent’anni!

Mille volte, sempre con voce alterata: “sono iscritto da dieci anni e non mi avete mai trovato un impiego!”

Perché dai, tu sei lì al suo servizio, mica per scaldare la sedia come fanno tutti gli statali. “Io ho reddito zero e non marco una giornata da tanti anni! Il lavoro me lo trovate, sì o no?”

E se qualcuno entra in quel momento per dire: “C’è da spostare la mercedes qui davanti!”, indovinate di chi è è quella mercedes?

Ma come hai fatto a vivere in questi dieci anni, col reddito zero, dico io. Non è che lavori in nero o che evadi le tasse che poi io pago per te?

A dire il vero, momenti realmente drammatici come quelli di questi due ultini anni non si sono mai visti. File file file. Giovani, adulti, donne, uomini, italiani e stranieri, nuovi e “vecchi” disoccupati.

E le risposte non ci sono. Non per colpa nostra. Noi impiegati cerchiamo di guadagnarci lo stipendio con lo spirito di servizio che è doveroso per chiunque faccia qualsiasi tipo di lavoro. Posso garantire che la dignità personale non ha crepe, su questo aspetto.

Ma ne abbiamo viste tante, che certe volte, per sdrammatizzare un po’, ci consoliamo raccontandoci questa storiella (ma non crediate che non siano mai successi, questi dialoghi…).

INTERNO GIORNO. Sportello di un qualsiasi ufficio di collocamento (o Centro per l’impiego, o agenzia del lavoro…).

“Ma insomma, quand’è che mi manda a lavorare, signora? Lei sta lì a scaldare la sedia? Io vengo da cinque anni a timbrare il cartellino e non mi fa mai delle proposte!”

“Ah, oggi è fortunato, signor X. Proprio ora un albergatore di Torre Pedrera è venuto a cercare un lavapiatti.”

“Torre Pedrera? Ma vorrà scherzare. Io abito a Miramare! Troppo lontano!”

“Scusi, scusi. Pensavo… Vediamo un po’. Ecco, forse questo fa per lei: cercano un operaio nell’edlizia.”

“Al freddo e alla pioggia? Ho un po’ di reumatismi. Non ha qualcos’altro?”

“Cerco, aspetti. Bello! Sì sì. Questo è giusto: commesso nel Centro commerciale Le Befane.”

“Ci vada lei: lì ti fanno lavorare anche al sabato e alla domenica…”

A questo punto anche la Cristella più paziente del mondo è o non è legittimata a perdere le staffe? Non certo l’ironia, però.

Scartabella un altro po’ e, trionfante, dice a mister X:
“Ah, questa offerta non se la può far scappare!”

“Dica dica, signora!”

“Guardi, fa proprio per lei: c’è da viaggiare facendo del sesso…”

“Oh, vede che se vuole il lavoro giusto per me lo trova? Di cosa si tratta?

“VA A FAN CULO!!!!”

 

La fantastica storia di Talacia e del suo orologio gigante.

Venerdì 20 luglio 2012, alle 21.30 in piazza Pascoli a Viserba, l’attrice/cantante Liana Mussoni, accompagnata dalle musiche di Tiziano Paganelli e con intermezzi di Mario Bianchini, porterà in scena “L’orologio di Talacia”.
Lo spettacolo racconta la curiosa storia di Gennaro Angelini, detto “Talacia” (n. 1874 – m.1956) contadino semianalfabeta e genio inventore. Nell’arco di più di trent’anni costruì una meravigliosa “macchina del tempo”, che suscitò l’interesse anche di giornalisti stranieri e su cui l’Istituto Luce girò un documentario.
L’orologio di Talacia, lungo sei metri e perfettamente funzionante, era costituito da ingranaggi ricavati da pezzi di legno, arcolai, catene di bicicletta, corde. Segnava minuti primi e secondi, quarti, mezzore, ore, giorni, settimane, mesi, stagioni, anni ordinari e bisestili, fasi lunari, costellazioni, lustri, decenni, secoli, millenni.
La fantastica creatura, crescendo un pezzo alla volta, stava appesa alla stalla, convivendo col placido ruminare dei buoi, nella casa colonica a fianco della chiesa di San Martino in Riparotta, il borgo sulla via Emilia da cui ha avuto origine Viserba e da cui dista un paio di chilometri.
Liana Mussoni nel suo spettacolo sa evocare l’atmosfera di quei tempi e la magia della storia di questo geniale inventore naif.

Lo spettacolo è organizzato dall’associazione “Ippocampo Viserba” (Laboratorio Urbano della Memoria), con la collaborazione di Playa Tamarindo, alcuni alberghi della zona, Comitato Turistico, parrocchia di Viserba Mare.  
L’ingresso è libero.

Per il pomeriggio di domenica 22 luglio, dalle 16 alle 19, i soci di Ippocampo organizzano una visita guidata alla chiesa di San Martino in Riparotta, dove il parroco don Danilo, con la collaborazione del Met (Museo degli Usi e dei Costumi della gente di Romagna) di Santarcangelo è riuscito a riportare l’orologio che per diverse ragioni era stato smontato e trasferito in altra sede.

Per le visite “libere”, la sagrestia è aperta ogni domenica mattina.
Per eventuali prenotazioni tel. 0541 740602.

Quidi seguito, un bell’articolo di Marzia Mecozzi (dal sito di Ippocampo Viserba).

L’orologio di Talacia. La ricerca del Tempo nella stalla di Angelini Continua a leggere

Esterina e i salvagente fatti con le zucche. A Viserba li inventò lei.

Dalla mitica Esterina fino a Patrizia: il filo che lega queste due donne romagnole è lungo quasi novant’anni e passa attraverso due secoli e cambiamenti di stili di vita epocali.

Siamo sula spiaggia di Viserba, poco distante dal porticciolo turistico.

Il Bagno Pietro è targato col numero 37 e, come spesso succede da queste parti, con un nome maschile. Anche oggi il titolare ufficiale è Roberto Betti (figlio di Pietro e nipote di Esterina), che vede di buon occhio la continuità generazionale rappresentata dal dinamismo della giovane figlia di suo fratello Paolo.

“Patrizia negli ultimi anni ha dato una svolta originale alla nostra offerta – spiega lo zio – Finiti i tempi della formula ‘ombrellone e sdraio’, ha saputo inventare numerose attività e stimoli che interessano e coinvolgono grandi e piccoli. Una miniera di idee, com’era mia nonna Esterina, che negli anni Trenta, rimasta vedova in giovane età, rilevò la spiaggia e la gestì insieme al figlio Pietro: una vera generalessa, tipica arzdora romagnola. Inventò i primi salvagente visti a Viserba, che affittava anche ai turisti degli altri bagni.”

Ma come potevano essere i salvagente in un’epoca senza plastica?

“Donna dalle mille risorse, Esterina nel suo orto coltivava quelle zucche che, crescendo, prendono la forma di pera. Quand’erano della misura giusta le faceva seccare, poi le legava accoppiandole con una corda lunga abbastanza per girare attorno alla nuca e passare sotto le ascelle. Si nuotava restando a galla: l’uovo di Colombo, con tanto di copyright!”

Nelle foto di famiglia la bisnonna appare col grembiule bianco e la parananza. Patrizia, invece, gira per la spiaggia in bikini sfoggiando un fisico da atleta e un’abbronzatura invidiabile. Una ragazza di oggi, animatrice e insegnante di ginnastica, tanti anni con gli scout e nei centri estivi.

“Ogni stagione propongo ai piccoli turisti un tema su cui cucio tutte le attività di animazione quotidiane: ‘il giro del mondo in 80 giorni’,  ‘le Mille e una notte’, ‘il circo’. Quest’anno facciamo finta di essere sull’Olimpo. I ragazzi si trasformano in divinità greche. Per la festa di ferragosto coinvolgo anche gli adulti. Dovreste vederli! Mamme e papà, ma anche arzilli nonnetti, stanno già discutendo e litigando su chi sarà Venere e chi Apollo!”

Altra particolarità, sempre coordinata da Patrizia, è il gemellaggio con la Fondazione Cetacea di Riccione. “Un’esperienza di scuola in senso lato, dove i bambini imparano senza quasi accorgersene. Ogni 15 giorni una biologa della Fondazione spiega ai ragazzi l’ecosistema dell’Adriatico, mostrando immagini e reperti. Cosa piace di più? Il carapace della tartaruga, la testa del delfino, i denti del capodoglio. Sul cavalluccio marino, poi, nasce qualche conflitto ‘di genere’: soprattutto i maschietti si stupiscono quando imparano che è l’ippocampo maschio a tenere in corpo le uova, liberando così la femmina dall’incombenza.”

Che sia il timore di un futuro simile? Si sa mai, gli scherzi dell’evoluzione naturale…

 

articolo pubblicato (con qualche taglio) su Il Resto del Carlino del 14 luglio 2012 (pag. 11 del supplemento Estate)

Con “La ragazza Carla” domenica anche Viserba abbraccia Elio, il suo poeta

Elio Pagliarani, viserbese doc, è stato uno dei più grandi poeti del Novecento italiano e uno dei più importanti cittadini di Rimini.
Pur avendo lasciato Viserba per trasferirsi prima a Milano, poi a Roma, Elio non aveva mai reciso il cordone ombelicale con la terra d’origine, tornando sempre per le vacanze estive.
A Viserba, ai suoi luoghi, ai ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza, Pagliarani ha dedicato molti dei suoi versi e buona parte del libro “Pro-memoria a Liarosa”, l’autobiografia pubblicata nel 2011 con Marsilio Editore.
A pochi mesi dalla sua scomparsa il Festival “Assalti al Cuore”, in programma a Rimini dal 6 all’8 luglio, rende omaggio al poeta proponendo una versione inedita del più teatrale dei suoi testi, “La ragazza Carla.
La lettura è affidata a Sonia Bergamasco, attrice allenata alla poesia dalle sue stesse esperienze di scrittura. Ad accompagnarla, il violoncello di Martina Bertoni su musiche originali di Teho Teardo, compositore noto per le sue colonne sonore (Diaz, Il gioiellino, Lavorare con lentezza…) e premiato con il David di Donatello per le musiche del film Il Divo.

L’appuntamento, ad ingresso libero, è per domenica 8 luglio 2012 alle ore 18.15 al Teatro degli Atti (via Cairoli).

Con il patrocinio, fra gli altri, dell’associazione Ippocampo Viserba.

In questo video un servizio sulla Conferenza stampa di presentazione del Festival Assalti al cuore ed. 2012, dove Cristella ha rappresentato l’associazione Ippocampo, intervenendo prima del sindaco, dell’assessore comunale e dell’assessore provinciale. Osta, però! Simone Bruscia for President!