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Rimini è una dimensione della memoria

Ieri, in esclusiva per pochi amici, per le vie di Rimini sì è svolto un “Amarcord tour”, cioè una giornata dedicata alla scoperta dei luoghi felliniani. Quelli veri legati alla biografia di Federico e quelli ricostruiti a Cinecittà o altrove e immortalati nei vari film del Maestro.

Non era Maria Cristina a fare da guida a Giordano, Raffaella, Glenda e Tony, bensì Cristella, la Regina, quella della bacchetta magica. Infatti è proprio attraverso il blog di Cristella che Giordano, da Reggio Emilia, appassionato dei film di Fellini, ha scoperto un “itinerario felliniano” scritto tempo fa per Menabò Editore e, volendo fare un regalo speciale a Tony, il genero statunitense in Italia per le feste natalizie, ha pensato di portarlo a conoscere la Rimini di Federico chiedendo a Cristella di fare da guida.

Una serie di circostanze favorevoli (non ultima la bellissima giornata festiva col clima ideale) ha permesso la perfetta riuscita dell’esperienza: per Cristella e il Re Consorte una domenica fuori dagli schemi e sicuramente da ricordare. Per Giordano e Raffaella, per Glenda e Tony, la scoperta di una Rimini diversa da quella che conoscono i turisti “normali”. Di certo un’esclusiva.

Proprio in questi giorni il neo-presidente della Fondazione Fellini, Pier Luigi Celli, ha raccontato i progetti per il futuro. La mappa dei luoghi felliniani è quasi pronta, per fortuna, e la ristrutturazione del Cinema Fulgor sta andando avanti. Gli ospiti di ieri hanno molto apprezzato tutto questo, interessandosi molto al cartellone posto sulle impalcature del Fulgor: “Casa Fellini, Museo Fellini, Cineteca e ulteriore sala cinematografica”… Magari coi film che scorrono in continuazione, con le musiche di sottofondo, le foto, i disegni, i costumi di scena… Sì, torneranno di certo, perché quello di ieri è stato solo un assaggio.

Come s’è svolta la giornata?

Il tour è iniziato verso le 11.30. Per motivi legati agli orari dell’hotel dove gli ospiti erano alloggiati e alla presenza di un bimbo di due anni (Giulio, figlio di Glenda) abbiamo stravolto un po’ l’itinerario, iniziando dalla Palata. La passeggiata sulla cima del porto, raccontata da Fellini ne I Vitelloni, è il rito di cui il riminese doc non può fare a meno. Ma si è parlato anche dei pensionati con la canna da pesca, dei pescherecci che ritornano al pomeriggio e vendono sardoni e cannocchie sulla banchina… Uno sguardo alla spiaggia invernale, verso Gabicce, ha evocato l’ultima scena de La dolce vita, con l’innocenza di Valeria Ciangottini e il saluto di Marcello

Lì vicino, quasi di fronte al Delfinario, anche ieri c’erano i due camioncini dei lupini e delle ‘luvarie’. “Un posto di Rimini che non cambia mai” diceva il Maestro, che ogni volta che tornava comprava qualcosa.

Dopo pranzo siamo saliti in macchina per iniziare il tour vero e proprio. Passando su via Roma, diretti al Cimitero, abbiamo dato uno sguardo alla casa di Amarcord, quella dove abitava Titta Benzi, oggi coperta dalle impalcature per una ristrutturazione. Al Cimitero abbiamo volutamente parcheggiato al di qua del sottopassaggio pedonale. Sul percorso verso il piazzale e l’ingresso, abbiamo letto il ricordo che Fellini aveva di questa entrata che, ai suoi tempi, era interrotta dal passaggio a livello e dal passaggio dei treni. Poi, la vista emozionante della Prua, il monumento di Arnaldo Pomodoro, con la panchina accanto. “Ho pensato alla panchina – ha detto Pomodoro – perché Fellini aveva confidato ad un amico che avrebbe voluto essere sepolto in un parco con una panchina”. Devo dire che i miei ospiti erano già emozionatissimi a questa prima tappa. Leggendo i nomi della lapide si sono stupiti di trovare, sotto a quelli di Federico e di Giulietta, il piccolo Pierfederico, nato nel 1945 e morto piccolissimo, all’età di 15 giorni, di cui non conoscevano l’esistenza.

Risaliti in auto, siamo arrivati al Borgo San Giuliano. Da qui il percorso è proseguito a piedi.

La strada delle Mille Miglia, i murales, le targhe con i soprannomi, i vicoli, i colori delle case dei borghigiani… Ci siamo immersi in un’atmosfera davvero magica.

Un omaggio, poi, al Ponte di Tiberio, ancora in servizio dopo duemila anni, per imboccare il Corso d’Augusto verso il Cinema Fulgor. I lavori in corso con l’indicazione di come sarà nel futuro la “Casa Fellini” sono stati molto apprezzati. Tappa successiva: piazza Cavour. “Lì c’era il bar Commercio, quella è la fontana su cui scende il pavone, là la scalinata del Teatro, dove il 4 novembre 1993 Sergio Zavoli tenne l’orazione funebre…”

Da piazza Cavour abbiamo imboccato via Gambalunga e dato un’occhiata al palazzo che ospitava il Liceo. Poi piazza Ferrari e la “statua dei nudi”, via Tempio Malatestiano fino al piazzale del Duomo.

Prima di una veloce visita al Tempio (bisognerà tornare solo per questo!) un’occhiata al negozio di scarpe lì di fronte (era la bottega della ditta Febo, i disegnatori Demos Bonini e Federico Fellini).

La tappa successiva è stata in piazza Giulio Cesare (oggi Tre Martiri) e al Tempietto di Sant’Antonio, di fronte al quale ci siamo fermati qualche minuto per leggere il racconto delle “baffone”… Quasi per incanto, invece che la “gattaccia di San Leo” ci è parso di vedere la Saraghina di “8 e 1/2”. Per tornare verso piazza Cavour siamo passati davanti al Palazzo Ripa (una delle case in cui Fellini ha abitato) e al luogo dove c’era il Bar di Raoul…

La folla della “vasca” della domenica sul corso ieri era davvero tanta. Un “passeggino” descritto anche da Fellini, che aveva come confini le due piazze…

Risalendo in auto, ci siamo portati alla nostra ultima tappa, forse la più affascinante: il Grand Hotel. Sarà stato per l’orario ideale, le luci degli addobbi natalizi, il giardino, la terrazza e i saloni in quel momento deserti… Insomma, per qualche minuto ci siamo immersi in un’atmosfera di sogno, immaginandoci di veder sbucare da un momento all’altro le figure conosciute di Federico e Giulietta.

Ripeto: esperienza molto bella e forse irripetibile. Da riminese, ringrazio Giordano di avermi “stimolato” a viverla insieme a lui e alla sua famiglia internazionale.

Ringrazio infinitamente la direzione del Grand Hotel e l’amico Vanni Dolcini per la disponibilità riservatami

Infine, se siete arrivati fin qui (ed è già un buon segno!) forse siete interessati anche a leggere qualcosa qui sotto: l’itinerario “La Rimini di Fellini” scritto per Menabò Editor  (al quale ho aggiunto qualche piccola nota); alcuni brani tratti da “La mia Rimini” di Federico Fellini (Cappelli, Bologna, 1967) e da “Fare un film” (Einaudi, Torino, 1980); il mio racconto (già presente in questo blog) “Il marinaretto di Fellini).

Av salùt! Continua a leggere

Snaporàz

Una chicca dedicata a chi ama la filmografia felliniana.

Nel mio archivio cartaceo, che fa ormai strabordare la stanza adibita a studio-rifugio, ho ritrovato casualmente alcuni appunti riferiti ad un’intervista che porta la data del 1996.

Il testimone è Renato Piccioni, poeta riminese di cui ho già scritto, oggi alle soglie degli 85 anni, che nel 1963 partecipò come comparsa alle riprese di “8 e 1/2” effettuate alle terme di Chianciano.

Sapendolo di origini riminesi, qualcuno gli chiese se conoscesse il significato del soprannome affibbiato dal Maestro al protagonista del film, Marcello Mastroianni , “Snàporaz” (più volte richiamato anche in “La città delle donne”).  

Qualche indagine fra i collaboratori di Fellini e… ecco svelato il mistero: Snàporaz (o, meglio, “Snaporàz) è una contrazione di “t-ci snà un puràz“, cioè “sei soltanto un poveraccio” .

Motivazione: Mastroianni, quando non aveva voglia di impegnarsi troppo, esibiva una flemma che Fellini definiva tutta “ciociara”. Ricordandogli le sue origini, il Maestro lo rimproverava dicendogli: “Vin a lavurè, che t-ci snà un puràz!” (vieni a lavorare, che sei soltanto un poveraccio!).

Capodanno a Rimini? A 5 stelle, naturalmente!

Una vacanzina nel fascino della Rimini felliniana?

Anche a Cristella piace sognare… Per il Capodanno, perché no, un regalo da non dimenticare: “a 5 stelle”.

Auguri!

Quattro artisti riminesi “cittadini del mondo”

la terza da sin. dovrebbe essere Gemma, assente alle prove perché ancora a Birmingham

Sono partiti da Rimini molto giovani. Come bagaglio, una valigia piena di talento e passione, ma anche di curiosità e coraggio. Oggi tornano per dire alla città che li ha sostenuti che ne è valsa la pena: il soggiorno all’estero ha portato frutto, come dimostrano i successi raccolti in giro per il mondo. Uno è attore e regista, gli altri tre danzano: Teodoro, Valentina, Gemma, Claudio. Tutti premiati, in passato, con la borsa di studio “Giovani Talenti” voluta dalla Provincia per chi frequentava scuole d’arte straniere. “Contributo che ha incoraggiato i nostri genitori”, ammettono i ragazzi. Figli di impiegati e operai, famiglie della porta accanto che hanno fatto di tutto per lasciarli liberi di seguire la scelta coraggiosa di studiare lontano da casa. Quando tornano fanno il pieno di mamma e piada, ma ormai sono cittadini del mondo. All’estero sono diventati grandi e si sono perfezionati coi migliori maestri. E ora regalano alla città uno spettacolo tutto loro: “Look left, look right” (il 13 dicembre al Teatro Novelli).
“Con questo evento vogliamo raccontare ai riminesi chi siamo e cosa facciamo – dicono – Lo spettacolo è stato concepito e sviluppato con Rimini in mente.” L’idea è nata grazie a internet. Teodoro, quasi due anni fa, spedì un’e-mail a tutti i beneficiari della borsa di studio. Alcuni risposero. Fra loro, da Londra, Valentina. “Riuscimmo ad incontrarci – raccontano – Un attore e una ballerina. Pensammo che fosse un vero peccato che di tanti riminesi che avevano intrapreso itinerari simili ai nostri non si conoscesse l’esistenza, e che questi, nonostante le esperienze maturate nelle scuole più prestigiose d’Europa e del mondo, non sentissero il desiderio di condividere con la loro città madre quanto avevano appreso e sviluppato. Creare lo spettacolo è stato lungo e tortuoso, soprattutto perché era necessario coordinare persone a migliaia di chilometri di distanza.”

Ma chi sono questi ragazzi?

Teodoro Bonci del Bene, attore e regista della serata, ha 26 anni ed è il primo allievo italiano del Teatro d’Arte di Mosca, dove s’è laureato con lode al MXAT fondato da Stanislavskij. Ha partecipato a diverse produzioni russe e americane e ha lavorato nel cinema. A Mosca organizza festival teatrali ed è consulente di armi rinascimentali per il Bolshoj; insegna recitazione e combattimento teatrale all’università SsLIMIT di Forlì; collabora col Cantiere Internazionale Teatro Giovani.

Valentina Golfieri, classe 1982, vive a Londra dal 2003, dove s’è laureata con lode in danza contemporanea. Professionista da tre anni, ha lavorato coi più importanti coreografi della scena britannica, ha danzato in famosi teatri e girato mezzo mondo in tour. Quest’anno, con la collega Amy Bell, ha creato le coreografie di “That Was the Time I Stopped”, duetto che sta riscuotendo grande successo e che in novembre è stato presentato alla Royal Opera House.

Gemma Paganelli, 20 anni e gavetta sulle punte da quando ne aveva quattro, nel 2008 è partita per Birmingham, dopo aver superato le audizioni per la Elmhurst School for Dance. Diplomata nel 2009, ora frequenta il secondo anno del corso universitario BAHons alla London Contemporary Dance School.

Ecco Gemma nel suo splendore

Claudio Fabbro, 21 anni, ha iniziato danzando modern jazz presso la scuola Dance Department e classica all’Arabesque Dance Center. Nel 2006 è stato selezionato per il Central Pennsylvania Youth Ballet, ma ha preferito entrare nel Balletto di Toscana. Dopo due anni a Firenze è partito per il Messico, dove s’è perfezionato all’Universidad de las Artes di Guadalajara.

Tutti curriculun degni di nota, che fanno immaginare un futuro professionale prestigioso. Oltre che applaudirli, Rimini potrà dire: “questi artisti sono anche un po’ nostri…”.

Ecco l’oggetto misterioso di due post fa

12 novembre 2010: missione speciale dell’Associazione Ippocampo a San Martino in Riparotta

Della serie: quando succede qualcosa che tocca cultura e storia del nostro territorio… noi ci siamo!

C’era una volta… – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori.

No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.

Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.

Non so come andasse, ma il fatto è che un bel giorno questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname…

E’ iniziata così, lo scorso 12 novembre, la presentazione poetico-musicale che s’è tenuta al teatrino parrocchiale di San Martino in Riparotta, piccolo gruppo di case poco distante da Viserba.

L’incipit del celebre libro di Collodi ha introdotto gli spettatori nella giusta atmosfera, quella adatta a raccontare “Il canto del tempo”, ovvero l’incredibile storia dell’orologio di Talacia. Una vicenda che meriterebbe un film.

La voce era quella di Liana Mussoni, bravissima nelle vesti di attrice e di cantante, accompagnata dagli strumenti (fisarmonica e altro) di Tiziano Paganelli. Graditissimi anche gli intermezzi di Marco Bianchini, che ha declamato alcune poesie di Raffaello Baldini, il grande santarcangiolese che sul tempo ha scritto alcuni dei suoi versi più belli (“D’al vòlti”, “C’ora c’l’è?”, “L’arlòz”).

Ma perché la bottega del vecchio falegname della favola si adatta così bene alla storia vera che ha avuto come scenario proprio il piccolo borgo di San Martino in Riparotta?

Curiosi, vero?

Innanzitutto, il protagonista: un Geppetto che parlava romagnolo. Continua a leggere