Il giovedì santo i contadini erano soliti legare con delle funi i tronchi degli alberi, poiché ritenevano che così facendo “quando quegli alberi fioriranno, ogni fiore produrrà un frutto” . Si dice, infatti, “i lìga” (cioè “allegano“).
Da questo giorno fino al momento in cui le campane vengono liberate la tradizione popolare consigliava di non lavarsi gli occhi, poiché in questo modo si manterrebbero sani e acquisterebbero migliore e più intensa forza visiva.
“Slegate le campane, e celebrandosi la Messa, quando il sacerdote pronunzia sursum corda i contadini vanno alla pila dell’acqua santa a bagnarsi gli occhi”.
Intant che al campan i ha lighè
i tu occ no ti lavè.
Intanto che le campane sono legate/non ti lavare gli occhi.
Il giovedì santo, dopo il mattutino, i ragazzi raccolti in chiesa e muniti di grossi randelli picchiavano sul pavimento e sui banchi gridando:
Batì Giuda traditòr
ch’l’à tradì e’ nòst Signòr,
battete Giuda traditore/che ha tradito nostro Signore.
Nello stesso giorno, quando si legavano le campane, i contadini incominciavano a fare la cosiddetta “trapassata”, cioè stavano a digiuno finché le campane non venivano sciolte.
Per tutto il tempo in cui le campane restavano legate si diceva: “E cmanda Baraba” (comanda Barabba). Durante questi giorni non si poteva fare il bucato, ma il giovedì o il venerdì santo si imbottigliava il vino buono perché riuscisse spumeggiante. Il venerdì santo non ci si poteva pettinare perché il farlo avrebbe portato disgrazia.
Par la mort de Signurèn
i cavel no stev a ptnè;
zovna o vecia ch’l’as pnarà
i su cavel i cadrà.
Per la morte del Signore/non statevi a pettinare i capelli;/giovane o vecchia che si pettinerà/i suoi capelli cadranno.
Altre curiosità romagnole nel post “Verso Pasqua” sul blog La campagna appena ieri.