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V.V.V.V.: le ville dei villeggianti di Viserba e di Viserbella

Dall’autobiografia di Elio Pagliarani, poeta nato a Viserba nel 1927 (“Pro-memoria a Liarosa 1979 – 2009” Marsilio Editore, 2011)

Viserba doveva avere, fra il Trenta e il Quaranta, duemilacinquecento/tremila abitanti d’inverno, sui diecimila d’estate. Era costituita da alcune centinaia di villette, la maggior parte delle quali a un solo piano, con relativo giardino e pozzo e fico. I pozzi erano del tipo detto artesiano, dove la perforazione della falda acquifera sotterranea produce come uno zampillo spontaneo e permanente: Continua a leggere

Viserba e dintorni nell’ultimo libro di Elio Pagliarani

“I romagnoli sono i calabresi del Nord e i calabresi sono i romagnoli del Sud”, disse una volta Elio Pagliarani all’amico-scrittore Walter Pedullà, calabrese, che cura la prefazione al libro appena uscito intitolato “Pro-memoria a Liarosa (1979-2009)“, Marsilio Editore 2011.

Pedullà prosegue: “Vite in uscita dal mondo contadino dove i nostri genitori – vetturino il suo, sarto il mio – si abbruttivano dall’alba alla notte per mantenere i figli agli studi, che sia in Romagna sia in Calabria erano l’unico sbocco alla povertà”.

Il libro è nelle mie mani, appena consegnato dal corriere essendo stato acquistato on-line su www.ibs.it (prezzo di copertina 18.50 e., su Ibs c’è lo sconto, si può pagare anche contrassegno).

Profuma di nuovo anche per lo stile della narrazione: “Uno stile piano, nitido e scorrevole come non è mai stata la sua scrittura di poeta, che notoriamente scarta dal percorso, interrompe il discorso, scende nel parlato e spicca il volo verso il concerto arduo da mettere in musica moderna”, scrive Pedullà.

Nei prossimi giorni sarò quasi totalmente immersa in questa lettura, che si preannuncia decisamente interessante. Mi emoziona, sfogliandolo di fretta, constatare che una buona metà (da pag. 41 a pag. 176) è intitolata “Romagna”.

Elio parla di Viserba e dintorni fra il 1920 e il 1950 circa, per intenderci.

Per dare un’idea di quanto prezioso sia questo libro per viserbesi e riminesi, trascrivo alcuni titoletti riferiti, appunto, alla “Prima Parte” del volume. Continua a leggere

Ecco l’oggetto misterioso di due post fa

12 novembre 2010: missione speciale dell’Associazione Ippocampo a San Martino in Riparotta

Della serie: quando succede qualcosa che tocca cultura e storia del nostro territorio… noi ci siamo!

C’era una volta… – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori.

No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.

Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.

Non so come andasse, ma il fatto è che un bel giorno questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname…

E’ iniziata così, lo scorso 12 novembre, la presentazione poetico-musicale che s’è tenuta al teatrino parrocchiale di San Martino in Riparotta, piccolo gruppo di case poco distante da Viserba.

L’incipit del celebre libro di Collodi ha introdotto gli spettatori nella giusta atmosfera, quella adatta a raccontare “Il canto del tempo”, ovvero l’incredibile storia dell’orologio di Talacia. Una vicenda che meriterebbe un film.

La voce era quella di Liana Mussoni, bravissima nelle vesti di attrice e di cantante, accompagnata dagli strumenti (fisarmonica e altro) di Tiziano Paganelli. Graditissimi anche gli intermezzi di Marco Bianchini, che ha declamato alcune poesie di Raffaello Baldini, il grande santarcangiolese che sul tempo ha scritto alcuni dei suoi versi più belli (“D’al vòlti”, “C’ora c’l’è?”, “L’arlòz”).

Ma perché la bottega del vecchio falegname della favola si adatta così bene alla storia vera che ha avuto come scenario proprio il piccolo borgo di San Martino in Riparotta?

Curiosi, vero?

Innanzitutto, il protagonista: un Geppetto che parlava romagnolo. Continua a leggere

Sghétul e gatòzli

Essere o non essere, this is the question.

Si, vabbé, lo so che i problemi del mondo sono ben altri, lo so. Se guardo i notiziari di oggi, poi, inorridisco ascoltando notizie di violenze urbane e familiari…

Ma io ora, in questo preciso momento, qui, medito su un dilemma fondamentale… E non so dire perché mi son fissata su tale “question” . Che sia proprio per non pensare ai mali del mondo?…

Dunque: a Rimini/Viserba, luogo in cui abito da 27 anni, il solletico è detto “e’ sghétul” (usato per lo più al singolare), mentre a Gatteo a Mare/Cesenatico, dove ho vissuto prima, si chiama “al gatòzli” (usato più spesso così, plurale femminile). Eppure ci sono solo una ventina di chilometri di distanza… Boh, chissà?

“T’an me fé gnènca un sghétul” (non mi fai neanche un solletico), si dice all’amico o nemico che ti stuzzica.

Allora? Av salùt!

Racconto viserbese del maestro Carlo Ardini. Una Lady Chatterley in riva all’Adriatico

“Carlo Ardini nato e sempre vissuto a Viserba, ha insegnato nella scuola elementare per trentotto anni.

Non c’è altro da esibire nel curricolo della sua vita”, scriveva nel risvolto del suo romanzo “La pesca reale”, pubblicato nel 2001.

Una prosa decisamente piacevole e curata, la sua, con molti riferimenti, più o meno velati, a personaggi, luoghi e avvenimenti della nostra Viserba.

Il racconto “Sic transit”, ad esempio, ci porta indietro di diversi decenni, forse un secolo. La spiaggia, le ville, i loro ricchi ed eleganti proprietari, la servitù, i pescatori…

Due personaggi di questo racconto, la signora e la giovane cameriera, potrebbero benissimo essere le due figure che camminano sulla spiaggia viserbese in una delle tante fotografie d’epoca presenti nell’archivio de l’Ippocampo.  Viste di spalle: la padrona in accappatoio chiaro e lunghi capelli sciolti sulle spalle, la ragazza al suo servizio con la divisa nera, il grembiulino bianco e l’involto con le cose della signora.

Sì, sono proprio loro: la spregiudicata “femme fatale”, emule di Lady Chatterley,che va incontro al suo Olinto e la ragazzotta “agghindata con grembiule di satin nero, crestina e pettorina”.

Buona lettura!

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